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Il tirocinio professionale è necessario?

Quale futuro per il professionista tecnico?

esperienza e competenza nella professione tecnica

In questi giorni sto leggendo lo splendido libro del Prof. Paolo Grillo "Nascita di una cattedrale: 1386 - 1418: la fondazione del Duomo di Milano".

Nel libro si racconta anche di come si gestissero le situazioni in cui un ingegnere, o un tecnico, o un collaboratore, compissero errori tali da portare a un danno economico alla costruzione dell’opera. In genere si stabiliva una multa e una sospensione temporanea dal lavoro molto limitata. Perchè molto limitata ? Perchè era difficile trovare figure con sufficiente esperienza per poter lavorare in questa grande impresa, e quindi non si voleva correre il rischio di perdere quelle a disposizione. Si trattava di figure che avevano “imparato il mestiere” per passaggio generazionale, attraverso un tirocinio pratico a guida familiare che consentiva la salvaguardia della conoscenza “del fare”.

Esperienza”, è questa la parola chiave utilizzata, a cui noi spesso amiamo aggiungerne, non ho detto abbinarne, un’altra: “Competenza”.

Qualche giorno fa mi trovavo a moderare la tavola rotonda di un evento a Torino, in presenza di rappresentanti del Collegio Costruttori Edili e dell’Ordine degli Ingegneri di quella provincia, oltre al rappresentante del CNI, l’amico Giovanni Cardinale, e un rappresentante dell’Unical, importante gruppo della filiera del calcestruzzo. La tavola rotonda si intitolava “Dalla penna al cantiere” in quando si dibatteva il tema della distanza, spesso difficile da colmare, che vi è tra le norme, e quindi il progetto e il cantiere.

Bastano le tariffe professionali minime?

Ovviamente, come accade in tutti i casi in cui si parla di qualità del processo edilizio, la discussione ha toccato il tema delle tariffe professionali minime; e ovviamente il tema è stato oggetto di uno scontro tra chi, rappresentando l’industria le ritiene un retaggio inutile e dannoso, e chi, rappresentando le professioni, le ritiene un elemento di salvaguardia della qualità dei servizi professionali.

In questo dibattito mi è piaciuto molto l’intervento di Giovanni, che pur ribadendo l’importanza delle tariffe minime, ha sottolineato l’esigenza di definire i livelli prestazionali minimi dei servizi professionali di progettazione, direzione lavori, collaudo in opera e finale, ... Una posizione che non posso non condividere. Per poter alzare il livello dei compensi è infatti necessario fare chiarezza anche sui livelli di prestazione attesi, in modo sia possibile dare valore all’opera intellettuale nel suo complesso e quindi consentire un confronto basato sui livelli qualitativi dei servizi offerti.

Ma Giovanni ha anche evidenziato un altro aspetto collegato sempre all’importanza della qualità della prestazione professionale, proprio agganciandosi all’argomento del convegno, ovvero la prescrizione del calcestruzzo. Cardinale ha sottolineato infatti come si sia persa, in questi anni, l’attenzione per la conoscenza dei materiali e dei particolari. Le stesse università ormai non dedicano più spazio alla tecnologia dei materiali, e questo porta il professionista spesso a dare per scontato alcuni aspetti tecnici che invece consentirebbero di poter migliorare il progetto e il processo edilizio.

Occorre più competenza

Il dibattito si è quindi spostato sul tema della competenza e della qualità dei servizi, delle forniture, e delle attività di costruzione in Italia. E se da un lato Cardinale ha evidenziato che il Direttore dei Lavori ha il ruolo del “controllare” e non “insegnare” un mestiere al muratore, dall’altro il rappresentante dell’UNICAL ha auspicato una presenza più assidua e attenta in cantiere della stessa DL. 

E su stimolo del sottoscritto sia il rappresentante delle professioni che delle imprese di costruzione hanno auspicato una maggiore attenzione da parte delle associazioni alla qualità degli iscritti, e quindi alla definizione di strumenti di legge che consentano di poter fare questa selezione. D’altra parte in Italia per aprire un’impresa di costruzioni o un impianto di betonaggio basta iscriversi alla camera di commercio e un capitale molto limitato. Se ci sono settori in cui, chi vuole avviare una professione deve dimostrare che ha mezzi e competenze per farlo, altrettanto dovrebbe accadere nelle costruzioni. 

E ovviamente la discussione si è spostata al tema della salvaguardia del valore dell’esperienza e della competenza, e di qui, al tema del tirocinio.

Tirocinio professionale obbligatorio ?

Su questo tema il rappresentante dell’Ordine di Torino ha espresso una posizione personale: si dovrebbe prevedere una forma di tirocinio retribuito e obbligatorio. Un parere sottoscritto da chi poi ha preso la parola in sala. Questo perchè si ritiene che il solo esame di stato sia un passaggio troppo “teorico” per poter davvero rappresentare un filtro qualitativo per l’accesso alla professione. Lo “spazio di cultura professionale” che intercorre tra il momento della laurea e quello della firma di un progetto di un edificio è, nelle parole degli intervenuti, troppo breve.

Ma in un Paese in cui la disoccupazione giovanile è già al di sopra di ogni limite accettabile, in cui chi trova un lavoro negli Studi è già spesso sottopagato, in cui le prestazioni professionali stesse sono sottopagate ... si può introdurre un ulteriore fardello per i poveri giovani laureati ?

E in questo dibattito ho apprezzato davvero la considerazione di Giovanni Cardinale. Giovanni ha infatti evidenziato come molti ingegneri e architetti usciti dall’Università siano stati assunti da società di ingegneria internazionali. Queste società hanno assunto ragazzi delle nostre Università perchè riconoscono il valore della nostra formazione, ma all’interno di queste aziende ognuno di loro segue un percorso che inizia dall’occuparsi delle materie più semplici fino ad arrivare o a forti specializzazioni su alcuni aspetti progettuali o a ruoli di project manager e quindi gestionali. In quei Paesi non si parla di tirocinio, perchè è l’organizzazione del lavoro che già nel rispetto della dignità professionale e umana prevede un percorso di crescita.

Un intervento che non può che farci riflettere, che ci fa comprendere come nel nostro Paese sia sbagliato parlare semplicemente di tirocinio, ma occorra affrontare il tema della professione, in particolare nel settore delle costruzioni, nel suo complesso.

Non è più il tempo in cui si può pensare di risolvere le problematiche di una professione tecnica con interventi spot come la semplice introduzione delle tariffe minime o del tirocinio obbligatorio. Occorre rivederla nel suo complesso, adeguandola a una era che viaggia velocemente nella direzione della digitalizzazione, collaborazione, internazionalizzazione. Occorre riorganizzarla nella parte dei percorsi di studio, che oggi vedono lauree brevi per diventare geometri, o periti edili, o ingegneri ... davvero un’assurdità creata dall’emergenza di trovare una soluzione alla direttiva europea sulle professioni qualificate. Occorre rivederla nell’organizzazione del sistema ordinistico, che ha senso mantenere a livello provinciale per la parte istituzionale del presidio del territorio, ma deve trovare un percorso di aggregazione per la parte di gestione dei servizi agli iscritti. Occorre trovare una soluzione alternativa all’attuale sistema dei crediti obbligatori, che vede purtroppo la presenza di offerte di provider accreditati in cui spesso sembra  più una vendita di carne e pesce piuttosto che un aggiornamento serio e utile.

E’ questo che ci aspettiamo dalla Rete delle Professioni, la proposta di un progetto che ridefinisca il ruolo, l’organizzazione del sistema, degli studi, della professione.