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Nuovi Prodotti Immobiliari & Infrastrutturali: verso un ulteriore livello di digitalizzazione delle Costruzioni

Assisteremo a un doppio passaggio: quello di professionisti e di produttori/costruttori/immobiliaristi capaci non solo di servitizzare i propri prodotti, ma anche di vendere servizi, «oltre la calce e i mattoni»...

All'orizzonte del 2030 fa capolino uno dei temi più affascinanti che concernano il Settore dell'Ambiente Costruito: della Costruzione & dell'Immobiliare.
Si tratta della transizione che potrebbe avviarsi dai contratti che potremmo denominare quali (Built Asset) Performance-Based, attualmente ancora, peraltro, poco diffusi, ai contratti che si potrebbero definire come (Social) Outcome-Based.
In estrema sintesi, come più volte dibattuto a proposito della strategia digitale adottata dal Governo Britannico denominata Digital Built Britain, si tratta di portare alle estreme conseguenze ciò che i Britannici stessi avevano proposto come politica industriale nel 2010-2011 col cosiddetto UK BIM Level 2.

All'origine del cespite costruito, che si tratti di edificio o di infrastruttura, ormai interconnesso con tutti gli altri beni immobili (incluse le reti «immateriali»), stanno ormai nozioni quali Customer Experience e Service Provision, che permettono di ridefinire, ad esempio, una infrastruttura ferroviaria oppure una iniziativa residenziale.
È evidente che una simile ipotesi enfatizza senz'altro le metriche digitali (contrattuali) che riguardano le prestazioni intrinseche del cespite, che divengono immediatamente e continuamente misurabili nell'ottica della Maintenance, ma, soprattutto, spostano la posta in gioco da queste agli esiti sociali ed economici che le Operations implicano, in maniera più complessa di quanto non avvenga, per dire, coi motori avionici di Rolls Royce o del pneumatico connesso di Michelin.

L'idea, infatti, è quella di porre alla base dell'oggetto della negoziazione in maniera diretta i risultati delle attività che si svolgono all'interno e/o per mezzo degli edifici e delle infrastrutture: dal Ciclo di Vita (delle entità immobili) al Ciclo della Vita (delle persone dinamiche).

Il che, ad esempio, stravolgerebbe radicalmente la definizione stessa di Facility Management, che pure era già andata ben oltre l'orizzonte tradizionale del Settore.
È difficile, naturalmente, accennare a una simile ipotesi allorché, ad esempio, il National Audit Office nel Regno Unito e la Cour des Comptes in Francia decretano sostanzialmente il fallimento di molte operazioni di Partenariato Pubblico Privato e di Finanza di Progetto (temi, come ovvio, non interamente sovrapponibili) sia sotto il profilo economico-finanziario sia sotto, ciò che più conta nell'economia del presente ragionamento, quello prestazionale-funzionale: dall'edilizia ospedaliera a quella scolastica, da quella penitenziaria alle autostrade.

Ciò, peraltro, induce, nell'Esagono, la rappresentanza professionale degli Architetti a reclamare la abolizione definitiva dei Contrat Global, esattamente come nel Nostro Paese è avvenuto per l'Appalto Integrato.
Ma, occorre domandarsi, ha davvero senso riproporre come unica soluzione la Conception-Réalisation o il Design-Bid-Build, allorché iniziamo a parlare di Cespiti Cognitivi, anche per quanto riguarda il Costruito Esistente?

La sensazione è che vi sia, in Italia, una enfasi riposta, a proposito del tema ora accennato, sulla Rigenerazione Urbana che si nutre di almeno un duplice piano di fraintendimenti.
Anzitutto, ciò a cui Costruttori e Immobiliaristi guardano, non senza valide ragioni, è, al di là del green field e del brown field (entrambi disponibili), una concezione sostitutiva (di demolizione e di ricostruzione) che confligge con un pre-giudizio, altrettanto fondato in molti casi (e stratificatosi nei decenni) inerente alla tutela dei contesti edificatorî e ambientali.
In secondo luogo, la suggestione per cui, attraverso il Design for Assembly and Manufacturing, digitalmente abilitato, permetta di concretare questa via attraverso l'Off Site, appare fortemente viziata da una considerazione della Industrializzazione Edilizia molto vicina al suo precedente, analogico, degli Anni Cinquanta e Sessanta, per quanto esempi, come quelli forniti da AdiTazz, Bryden Wood e Katerra forse inizino a dire altro.

Ritornando al tema primigenio, è evidente che il concept che si affaccia riguardi la possibilità di rendere i cespiti immobiliari e infrastrutturali, da costruire/demolire e da riqualificare/conservare, affatto diversi da quelli attuali.
Ciò dovrebbe, in effetti, avvenire a partire da una prima caratteristica di questi: l'essere «dialoganti» coi propri occupanti, assisterli nell'espletamento delle loro attività, imparare dai loro comportamenti a riconoscerli individualmente. È questa, peraltro, una prospettiva assai concreta, come dimostrano gli sviluppi della Smart Home, per quanto parzialmente inquietante.

Secondariamente, queste capacità cognitive si associano alla dimensione evolutiva del prodotto immobiliare (e, parzialmente, infrastrutturale): particolarmente evidente a proposito dei Millenial e degli Ageing People.
Presso l'Università degli Studi di Brescia, assieme ad altri atenei e a partner industriali, ma, in primo luogo, in collaborazione col Sistema delle Costruzioni Bresciano, oggi raccolto attorno a Campus Edilizia, si è cercato di promuovere programmi di ricerca a livello regionale, nazionale e comunitario che declinassero questi argomenti sotto i profili della riqualificazione dell'edilizia condominiale, dei contenitori edilizi che ospitino impianti manifatturieri legati al 4.0, degli insediamenti universitari medesimi.
Si lavora anche sugli Smart Construction Object, sui componenti edilizi e impiantistici cognitivi, così come, in futuro, si potrebbe lavorare, ad esempio, sui viadotti e sulle dighe sensorizzati e connessi.

È opportuno, però, più in generale, riflettere sul significato ultimo della «dematerializzazione» del prodotto immobiliare o infrastrutturale, sulla sua «mobilitazione», sulla sua «contrattualizzazione».
Sarà, infatti, immaginabile, e addirittura praticabile, offrire, in Italia un contratto non solo Fit For Purpose (nel senso di assicurare la funzionalità di una attività a prescindere dalla detenzione definitiva o dalla acquisizione temporanea di un cespite), ma anche in cui siano presenti «impegni», da parte di chi concepisce e realizza l'intervento, oltre che a gestire l'opera conseguente, in termini di risultati conseguiti dalle attività a esso correlate?

Se così fosse, assisteremmo a un doppio passaggio: quello di professionisti e di produttori/costruttori/immobiliaristi capaci non solo di servitizzare i propri prodotti, ma anche di vendere servizi, «oltre la calce e i mattoni», compartecipando, sotto forma di risultati conseguiti dei business ospitati; quello degli stessi che, per rispondere di ciò che non li ha mai veramente riguardati, dovrebbero aumentare ulteriormente la propria conoscenza del sapere disciplinare, delle prestazioni e dei funzionamenti intrinseci dei beni.

È ovvio che, ad esempio, ciò vorrebbe significare che i progettisti siano, computazionalmente, digitalmente, appunto, in grado di ideare, a partire dai processi di briefing, la morfogenesi dell'intervento a partire da modelli di simulazione dei servizi e delle attività che siano correlati agli spazi e ai manufatti.
Il che, dunque, vedrebbe professionisti e imprenditori del Settore concepire e «realizzare» edifici e infrastrutture non per conto di, ma assieme a, per dire, protagonisti del settore meccanico manifatturiero o produttori di convogli ferroviari.

Tutto questo potrebbe implicare una maggiore bancabilità degli investimenti, potrebbe incrementare il valore sociale e politico dei beni, ma decreterebbe anche una trasformazione identitaria dei professionisti e degli imprenditori del Comparto.
È, indubbiamente, a oggi uno scenario che appare provocatorio, certamente distante da quella «tangibilità» del bene che fa apparire la descrizione delle operazioni attuate «digitalmente», molto analogiche, vale a dire semplicemente strumentate in maniera più efficiente, ma sostanzialmente tradizionale.

Il fatto è, tuttavia, che oggi comincia a essere possibile pensare al master plan di una operazione di sviluppo immobiliare (rigenerativa?), così come al feasibility study di una infrastruttura di mobilità, in termini di modellazione informativa geo-spaziale, a modellare territorialmente, in altre parole, tutte le entità che sono coinvolte direttamente o indirettamente nell'investimento, collocando, nelle entità geometrico-dimensionali bi- o tri-dimensionali, non solo le caratteristiche alfa-numeriche delle stesse, ma anche i comportamenti, i consumi, i bisogni, e gli stili di vita delle persone che di esse saranno utenti, occupanti, fruitori: dal bene culturale immobiliare alla linea ferroviaria ad alta velocità.

Come rispondere a questa sfida? E, soprattutto, chi saprà rispondere colla migliore Intelligence, che diviene, oltre che economica e finanziaria, intimamente politica e sociale nella cittadinanza digitale?