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Decreto dignità: novità per il recupero dell’iper ammortamento

Non sono poche le incertezze riguardanti l’applicazione delle novità in materia di iper ammortamento contenute nell’articolo 6 del decreto dignità, approvato dal Governo nei giorni scorsi, ed ancora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

L’aspetto innovativo riguarda l’introduzione di un meccanismo di recupero dell’agevolazione in caso di cessione o delocalizzazione del bene durante il periodo di ammortamento.

Ma andiamo con ordine, poiché è necessario fare chiarezza, distinguendo innanzitutto tra l’ipotesi di cessione del bene e delocalizzazione all’estero dello stesso.

Per quanto concerne quest’ultima fattispecie, infatti, l’articolo 6, comma 1 stabilisce che l’agevolazione spetta a condizione che il bene sia destinato a strutture produttive situate in Italia, ed il successivo comma 3 prevede l’applicazione di tale vincolo già a partire dagli investimenti eseguiti a partire dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto.

L’ipotesi della cessione del bene oggetto di agevolazione è invece trattata nel comma 2 e nel comma 3, unitamente a quella riguardante la delocalizzazione di beni per i quali l’impresa ha già dedotto almeno una quota di iper ammortamento, ed in tali ipotesi le disposizioni richiedono il recupero di quanto già fruito fino alla data della cessione o della delocalizzazione.

A parere di chi scrive, in presenza di dette situazioni (cessione o delocalizzazione), il decreto prevede che:

  • le quote di iper ammortamento già fruite devono essere recuperate tramite una variazione in aumento nel modello Redditi del periodo d’imposta in cui avviene la cessione o la delocalizzazione del bene, senza applicazione di sanzioni ed interessi;
  • il recupero dei benefici fiscali già fruiti si applica alle cessioni ed alle delocalizzazioni dei beni agevolati effettuate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto.

Pertanto, a prescindere dal momento in cui è stato effettuato l’investimento, laddove la cessione del bene (o la delocalizzazione) avvenga successivamente all’entrata in vigore del decreto, e l’impresa abbia già fruito di una parte dell’agevolazione, si dovrà procedere al recupero dell’importo già agevolato.

Quindi, anche per un investimento effettuato nel 2017, oggetto di cessione nel 2018 (dopo l’entrata in vigore del decreto), la norma del decreto dignità richiede il recupero di quanto già fruito nel 2017, poiché l’efficacia del comma 2 (che contiene il meccanismo di recupero) è disciplinata dalla seconda parte del comma 3 che si riferisce espressamente alle cessioni (e non agli acquisti) effettuate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, a nulla rilevando il momento in cui è stato eseguito l’investimento.

La norma è quindi (eccessivamente) penalizzante e dovrebbe essere oggetto di correzione durante l’iter di conversione in legge, tutelando il legittimo affidamento delle imprese che hanno effettuato l’investimento nella consapevolezza (prima del decreto) che in caso di cessione l’unica conseguenza è quella di non poter continuare a dedurre le quote residue, senza tuttavia alcun meccanismo di recupero di quanto già dedotto. Un’ultima osservazione riguarda l’inapplicabilità della penalizzazione descritta laddove l’impresa proceda ad un investimento sostitutivo nel rispetto di quanto previsto dai commi 35 e 36 della Legge di bilancio 2018, nonché il disinnesco del recupero stesso laddove il bene sia ceduto dopo il termine del periodo di ammortamento, poiché il comma 2 si applica “nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione del costo”.