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BIM, non chiediamoci se applicarlo, ma come usarlo

Sul WEB ho trovato un interessante articolo di Steve Cimmino dal titolo "Digging into BIM Data”.

Sul WEB ho trovato un interessante articolo di Steve Cimmino dal titolo "Digging into BIM Data”. Grazie alla collaborazione di importanti figure del mondo dell'architettura come Natasha Luthra e Ken Sanders l'analisi di Cimmino è utilissima per capire come il BIM non sia più un punto di arrivo della progettazione, come purtroppo è spesso inteso in Italia, ma il punto di partenza. Un mezzo i cui limiti ancora oggi non siamo in grado di conoscere. E al centro, ancora una volta, ci sono i dati. Come usarli, a cosa servono ... ecco cosa ci dice Cimmino.

La diffusione del BIM negli studi di progettazione

A cosa serve il BIMNel suo articolo - ovviamente influenzato dal contesto in cui l’autore opera, ovvero gli Stati Uniti - Cimmino evidenzia come i software BIM (Building Information Modeling) come Revit di Autodesk, GenerativeComponents di Bentley e Vectorworks di Nemetschek siano ora uno standard negli studi di architettura. Quanto standard? Secondo il rapporto dell'AIA "The Business of Architecture 2016", il 96 percento delle grandi aziende, il 72 percento delle medie imprese e il 28 percento delle piccole imprese utilizzano uno o più software BIM. (L'edizione 2018 di questo rapporto sarà pubblicata questo mese.)

Nell’articolo sono ripresi anche pareri di importanti studi di architettura. Per esempio di Natasha Luthra, direttore del design e dell'edilizia di tecnologie emergenti presso Jacobs e 2018 presidente del gruppo consultivo di AIA in Technology Practice (TAP): "Quando ho iniziato questo percorso 10 anni fa, il BIM era per lo più 3D e grafico", afferma  "Ora si tratta dei dati intelligenti associati al design. Se ci fosse un prodotto che non fosse 3D ma fosse altamente intelligente e focalizzato sui dati, saremmo inclinati a usarlo”. 

Cimmino evidenzia come questi strumenti siano enormemmente cresciuti negli ultimi anni, per esempio nell’uso della realtà virtuale e di quella aumentata, e il prossimo passo atteso da tutti sia l’evoluzione nella direzione dell'intelligenza artificiale: ma la punta di questo cambiamento ed evoluzione è stato indubbiamente il BIM. Con il software di Autodesk e Bentley che diventano onnipresenti nelle aziende, ora ci sono risme di dati su ogni progetto sviluppato e consegnato. Tradizionalmente, questi dati hanno avvantaggiato gli appaltatori, risparmiando loro tempo sul campo. Ma ora le aziende stanno raschiando i dati dai loro modelli e sfogliandoli per capire come può arricchire le loro pratiche.

BIM, la sfida è capire come utilizzarlo meglio

"Dire che dovresti usare BIM non è più una cosa attuale", dice Ryan Johnson, AIA, un socio di Clark Nexsen e membro del TAP Advisory Group. "Siamo ben oltre quella gobba. Non dovremmo parlare del perché dovremmo usare il BIM; dovremmo discutere di come possiamo trarne maggiori benefici ".

Quelle discussioni non sono solo interne. Sebbene un numero maggiore di dati possa aiutare a semplificare i processi e a fornire alle imprese informazioni sull'efficienza energetica e su altre metriche calcolabili, può anche essere utilizzato per rafforzare i legami con i clienti a lungo termine. In questi giorni, se un cliente ha un problema o una preoccupazione, la soluzione può essere trovata spesso nei numeri.

"Non credo che" il design migliore "sia quello che usi BIM", dice Luthra. "Devi parlare con i tuoi clienti e scoprire cosa stanno cercando, quindi tornare ai dati e scoprire cosa c'è. Il vantaggio di farlo, specialmente con le piccole imprese, sta avendo una relazione con il cliente che dura più del tempo necessario per progettare l'edificio. Vuoi essere un partner per l'intero ciclo di vita dell'edificio. Questo è il vero valore del BIM. "

Dal BIM un nuovo modello di professione

Cimmino cita anche Ken Sanders, FAIA, che è d’accordo su queste ultime parole di Luthra. In qualità di amministratore delegato di Gensler, è coinvolto in numerosi aspetti del business, tra cui i laboratori di incubatori dell'azienda per nuove idee e co-leader del team responsabile della resilienza del design. Ma la tecnologia è sempre stata una sua passione, e capisce come i dati possano aiutare a rispondere alle domande che più aziende - e alcuni clienti - stanno iniziando a chiedere.

Per esempio per un feed back all’opera di progettazione: "Quello che ci interessa maggiormente è, 'Le persone usano, ad esempio, i design dei luoghi di lavoro come pensavamo che volessero?'”. Per rispondere a questo quesito è possibile oggi integrare dei sensori: "i sensori diventano meno costosi, e possiamo configurarli per guardare e imparare come gli spazi vengono effettivamente utilizzati dai loro occupanti. Questo può valere anche per un progetto di vendita al dettaglio o di ospitalità; vogliamo scoprire come i clienti e gli ospiti si sono impegnati con l'ambiente che li circonda, al di là di storie aneddotiche su ciò che qualcuno ha visto o su quale potrebbe essere un problema percepito. "

Gensler ha collaborato a circa 10.000 progetti nel 2017, il che significa che nessuno può conoscere tutti i dettagli di ciascun progetto. A maggior ragione, Sanders riconosce che, sebbene l'allenamento e l'istinto possano portare un architetto abbastanza lontano, i dati possono rivelare verità nascoste che altrimenti passerebbero inosservate. "A volte i dati confermano ciò che già credi", dice, “e a volte scopri qualcosa di inaspettato. In ogni caso, vogliamo utilizzare queste informazioni per aiutare i nostri clienti e noi a prendere decisioni di progettazione migliori. Quando lavori a un progetto, non hai finito dopo che è stato costruito e tutti si trasferiscono.  Specialmente a Gensler, dove gran parte del nostro lavoro è un'attività ripetuta per clienti di grandi dimensioni, possiamo iniziare a sfruttare ciò che stiamo imparando ogni volta che consegniamo un progetto e facciamo uso di quella conoscenza sul prossimo ".

Gli architetti vogliono essere maestri costruttori ?

Ecco la conclusione a cui arrivano gli esperti citati da Cimmino nell’articolo. Un enorme passo avanti verso questo punto è l'estrazione, l'organizzazione e l'utilizzo dei dati forniti dal software BIM. Non tutti i client ne riconoscono il valore, in particolare i non sviluppatori: "Nessuno ci chiede mai di inviare un file Excel con i dati che stiamo usando", nota Johnson, ma non è nemmeno compito del cliente essere così esperto. È il lavoro dell'architetto.

"Le macchine stanno arrivando", dice Luthra. "Abbiamo visto questo in tanti altri settori. Dobbiamo arrivare a un punto in cui le persone sono più importanti di un algoritmo".

"Il cliente ci ha commissionato il miglior design possibile", afferma Luthra. "E, come architetti, cosa vogliamo essere? Vogliamo fare le belle foto e andarcene? O vogliamo essere i maestri costruttori, i maestri esecutori? Ecco dove il BIM può portarci."

Le Prospettive Reali della Trasformazione Digitale per la Progettazione (Architettonica)

Del rapporto tra digitalizzazione e professione ha più volte parlato anche il connazionale Angelo Ciribini in diversi articoli pubblicati su INGENIO, l'ultimo a inizio agosto (LINK - consigliamo la lettura) in cui citava per l'appunto questo articolo. Le riflessioni di Ciribini sono utili per proseguire questa riflessione su come attraverso il BIM, e non solo, l'architetto possa cambiare l'approccio alla sua professione in un'ottica di maggiore imprenditività: "Professionalismo e imprenditività sono, tuttavia, due dimensioni che nel futuro digitale potrebbero spontaneamente ibridarsi, anche in considerazione della priorità attribuita al ciclo di vita delle opere."

CIRIBINI ANGELOE sull'uso dei dati la riflessione di Ciribini è quanto mai centrata "Sono, al contrario le strutture dei dati, la loro produzione, raccolta, archiviazione e rielaborazione, a costituire il decisivo fattore competitivo, poiché gli obiettivi da raggiungere, a livello progettuale, saranno, ad esempio, il monitoraggio in tempo reale e in remoto di tutti gli organismi progettuali coinvolti nella commessa, la riduzione dei tempi necessari per conseguire l’opzione maggiormente specifica per il caso peculiare, la compressione delle risorse umane atte a svolgere le attività operative, e così via. In che misura tale intelligence possa divenire anche «intelligenza» non è ovviamente oggi dato sapere, ma certamente il paradigma della dis-integrazione è chiaramente oppositivo rispetto a una cultura digitale della progettazione. Epperò, paradossalmente, per il progettista (in particolare, per l’architetto) non è tanto il tenere in conto le logiche del costruttore o, al limite, del gestore a ingenerare un punto di svolta traumatico, bensì è la ritrovata centralità dell’utente a in potenza essere determinante."

E sull'evoluzione digitale della professione fanno riflettere le sue conclusioni "In realtà, tutto questo potrebbe significare la creazione di un profondissimo divario tra le grandi organizzazioni operanti a livello internazionale e i micro organismi attivi sui (sub)mercati domestici."

Professioni: la mancanza di una visione è protagonista del dibattito nazionale

Chi sarà l'architetto del futuro ?Mentre nel nostro paese proseguono le discussioni su cosa possa fare un libero professionista, e quello che non debba fare una società di ingegneria, e quelllo che può fare un ingegnere e non può fare il geometra ... sulla forma fiscale che può essere riconosciuta per uno studio professionale ... su formazione obbligatoria (un esempio di miopia europea e nazionale su come stimolare la qualità del mercato della progettazione, un vero e proprio spreco di risorse) ... sull'eterna sfida tra professori e professionisti ... sulle tariffe professionali ... sulla durata dei corsi di laurea per ingegneri, geometri e periti ... la mia impressione è che stiamo disinteressandoci del tema più importante: l'evoluzione del servizio professionale.

Quello che ci raccontano Luthra e Sanders nel paese degli amministratori di Condominio e dei microstudi ci appare quanto mai lontano. Il mettere l'utente al centro dei servizi - come richiamato da Ciribini - attraverso la gestione dei dati che nascono dall'integrazione del progetto sviluppato in BIM e della sensoristica per comprendere se l'edificio è gestito come è stato progettato è nel nostro paese ancora un'utopia. Siamo molto distanti ancora da questa visione della professione. Mancano figure chiave su tutto il processo.

Da sempre con INGENIO sollecito i nostri rappresentanti ad occuparsi di questo tema.

10 anni fa in Italia si rilasciavano oltre 500mila permessi di costruire. Ora siamo a 40.000. Un permessso per ogni 8 professionisti operanati sul mercato. Ho la sensazione che se non si cambia modello di business sarà la burocrazia urbanistica e non il progetto il nostro principale datore di lavoro.