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La storia delle autostrade: dal l'ing. Puricelli alla TEROTECNOLOGIA stradale

Una pregevole Pubblicazione dell'Ing. Gabriele Camomilla

Premessa: pubblichiamo questo articolo su gentile concessione dell'Ing. Gabriele Camomilla, riguardante la storia dell'ing. Puricelli, nome dell'ingegnere inventore delle "autostrade" nel 1924. Prima degli americani e dei tedeschi E levoluzione nelle gestioni stradali. L'impresa Puricelli divene poi Italstrade IRI da cui discende Autostrade Spa sempre IRI oggi Autostrade per l'Italia del gruppo Atlantisa - Benetton

Le strade italiane del XX secolo

DALLA RUPTA ALLA STRADA DI QUALITÀ ED AL MOBILITY MANAGER

Cento anni di cammino

Le vie romane nel momento di massima espansione dell'impero

 

LA STRADA PARLA LATINO

Le moderne strade hanno una storia antica in quanto nascono con dalle strutture costruite dagli antichi romani per motivi militari prima e poi per assicurare le comunicazioni rapide e sicure nell’ampio impero creatosi.

Tecnicamente queste strade avevano già molte delle caratteristiche delle infrastrutture moderne e solo nel secolo trascorso hanno superato anche concettualmente gli antichi precursori.

 

Nelle strade romane la geometria del tracciato è molto curata a seconda dello scopo per cui l’arteria era stata costruita; sono presenti i ponti ed i viadotti che con le gallerie rappresentano il modo più valido per superare gli ostacoli naturali che impediscono la linearità del cammino.

Le pavimentazioni poi sono strutturate secondo la capacità portante del terreno di supporto e sono specializzate nei materiali e nelle funzioni degli strati che le costituiscono.

la struttura delle strade romane

Ma la meraviglia è legata alla loro longevità di funzione: per secoli, anche dopo la fine dell’impero hanno continuato a svolgere il loro scopo e poi, da rotte hanno continuato ad indicare il cammino ai viandanti.

Proprio l’etimologia testimonia questa vicenda della strada: infatti mentre la parola italiana “strada” deriva dall’espressione latina via silice strata cioè la “via” (indoeuropeo per luogo dove passano le merci) “ricoperta con la pietra” della quale rimane solo l’ultimo termine che è  divenuto street in inglese e strasse in tedesco.

In seguito dopo le rotture conseguenti a secoli di mancata manutenzione, la via è divenuta “rupta”, cioè rotta; ma i pellegrini ed i commercianti continuavano a “seguire la rotta” come si dice ancora in italiano in termini marinareschi e come si dice comunemente per le strade francesi e spagnole ed inglesi con i termini di “route”-“rue”, “ruta” “road”.

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LA “MALEDIZIONE” DELLA STRADA

E questo è anche una maledizione della strada che è l’unico manufatto che funziona sempre, anche da rotto, giustificando le cattive costruzioni e manutenzioni che ancora oggi si fanno, malgrado si siano raggiunti i criteri costruttivi, manutentivi e di gestione che possono renderla la regina dei manufatti dell’uomo.

Infatti le più grandi meraviglie del mondo moderno costruito sono proprio le strade, sia per come sono fatte (con i materiali più poveri conosciuti) sia per quello che rappresentano come veicolo di civiltà e di conoscenza trai popoli, affiancate in questo dal più avanzato tipo di strada esistente oggi, di tipo però immateriale, costituito dal web.

NASCE LA STRADA MODERNA - “L’INVENZIONE” DELL’AUTOSTRADA

Le strade dei primi anni del ‘900

Ma torniamo al 1907, anno di nascita dell’AIPCR; com’era lo stato delle strade del Regno d’Italia?

Gli anni che andarono dagli ultimi scorci dell'Ottocento fino all'inizio della prima guerra mondiale possono essere definiti come quelli della rivalsa della strada sulla ferrovia.

Se infatti l'Ottocento fu, per i trasporti su strada, quello delle grandi innovazioni delle tecniche costruttive, i primi vent'anni del Novecento si caratterizzarono senza dubbio per l'applicazione delle moderne tecnologie al fine della semplificazione e automazione del lavoro di costruzione e manutenzione delle strade. In questi anni si misero a punto nuovi macchinari, atti a spezzare il pietrisco; furono sperimentati nuovi sistemi di rivestimento; migliorarono infine i mezzi di trasporto.

Sul finire del XIX secolo, com'è noto, presero piede i tentativi di meccanizzare le carrozze, al fine di rinunciare all'uso dei cavalli (o dei velocipedi per le brevi distanze) per sostituirli con sistemi di trazione meccanici. Quello che mancava erano le automobili e gli autocarri quindi il traffico smaltito era principalmente quello dei carri a trazione animale, non molto cambiati  da quelli che per secoli le avevano usate

Comunque l’articolazione della rete non era molto cambiata dall’epoca degli antichi  romani, anche se si erano fatte molte buone opere per alcuni tracciati montani e si erano rinforzate le pavimentazioni che però erano all’epoca tutte bianche fatte con macadam all’acqua con la tecnica reimpostata dalla Scozia, patria dell’omonimo ingegnere che nell’ottocento aveva pavimentato le industrial roads del suo paese e del Regno Unito.

Ma erano già nate le più importanti fabbriche italiane di automobili e la prima guerra mondiale avrebbe dato un forte impulso alla fabbricazione di autocarri motori di aeroplano e naturalmente automobili. La motorizzazione quindi avanzò velocemente e con essa la necessità di adeguamento delle strade.

Negli anni 20 questa necessità sfociò in due azioni fondamentali non solo per il paese:

  • l’”invenzione” e la realizzazione delle autostrade;
  • la creazione di una azienda nazionale per la costruzione egestione delle strade (l’AASS divenuta in seguito ANAS).

La nascita dell’autostrada: un’idea italiana

ing. Puricelli inventore delle autostradeNel 1923 fu di un italiano, l'ingegnere Piero Puricelli, l’idea ed il progetto di queste strade senza incroci a raso con altre arterie, riservate al traffico veloce delle auto e dei veicoli a motore, escludendo ogni altro veicolo, con il pagamento di un pedaggio per coprire le spese di costruzione e di gestione.

Un'idea davvero avveniristica, perché le auto in circolazione a quell'epoca erano poche. Nel 1923 circolavano complessivamente sulle strade italiane 84.687 autoveicoli, di cui 57mila automobili, 25mila autocarri e 2.685 autobus.

Già nel 1921 Piero Puricelli, grande imprenditore di costruzioni stradali e industriali, aveva ottenuto le autorizzazioni per fare dichiarare "di pubblica utilità" alcuni suoi progetti, e quindi per poter cominciare a realizzarli concretamente. Col riconoscimento di pubblica utilità, si poteva procedere all'esproprio dei terreni necessari a costruire le nuove strade. Seguì la costituzione della Società Anonima Autostrade, una società concessionaria a partecipazione statale, fortemente voluta dal ministro dei Lavori Pubblici, Carnazza, e dotata di 50 milioni di capitale iniziale, poté essere annoverata tra i primi atti amministrativi del nuovo governo Mussolini, datato al 1° dicembre 1922.


Fu solo nel 1933, curiosamente, che lo Stato italiano, con il Regio Decreto n. 1740, fissò a livello legislativo una definizione delle nuove arterie autostradali, considerate come strade riservate alla circolazione esclusiva degli autoveicoli; nel frattempo, erano stati costruiti in Italia già circa 500 chilometri di queste nuove strade: la già citata autostrada Milano-Laghi, per una lunghezza complessiva di 84 chilometri; la Milano-Bergamo (1927), lunga 50 chilometri; la Napoli-Pompei (1929) di 23 chilometri; la Brescia-Bergamo (1931), lunga 48 chilometri; la Milano-Torino (1932), una lunga autostrada che si snodava per ben 127 chilometri. In quello stesso anno 1933, inoltre, furono ultimate la Firenze-Mare (81 chilometri) e la Padova-Mestre (25 chilometri). Per la costruzione di tutte queste autostrade, e delle successive autostrade camionabili (la prima delle quali, la Milano- Genova, venne inaugurata nel 1935), fu utilizzata la tecnica della pavimentazione con lastre di calcestruzzo ad alta resistenza, di spessore medio di venti centimetri.


I lavori per la Milano-Varese costarono 90 milioni di lire.

Il giorno dell'inaugurazione, il nastro inaugurale fu tagliato dall'automobile del Re (Vittorio Emanuele III), seguita dalle auto degli invitati. La nuova strada era ad una sola corsia per senso di marcia, più che sufficienti per ospitare il passaggio delle poche decine di auto che vi circolavano ogni giorno. Non c'era un vero e proprio casello, ma il pagamento del pedaggio avveniva nell'area di servizio e sosta, che era obbligatoria.

Meno di un anno dopo, il 28 giugno 1925, fu inaugurato il tratto da Lainate a Como, per una lunghezza di 24 chilometri e un costo di 57 milioni.

Sempre nel 1925 fu realizzato il tratto Gallarate-Sesto Calende, di 11 chilometri.

Il 21 settembre del 1924 viene inaugurato a Lainate il primo tratto, da Milano a Varese, di quella che diverrà l'Autostrada dei Laghi e che sarà la prima autostrada a pedaggio realizzata nel mondo.

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Dal 1924 in avanti, a Lainate cominciarono ad arrivare tecnici da varie nazioni per studiare e copiare questa nuova strada veloce per auto, a pagamento. Era nata qui la "madre" di tutte le autostrade a pedaggio che hanno poi invaso il mondo.

Il primato dell'Italia in questo settore fu tale, in effetti, che in molte lingue europee, per indicare le autostrade, si usarono termini che altro non erano che la trasposizione esatta della parola italiana: parole che, dalla Autobahn tedesca alla autoroute francese, fino alla autopista spagnola, sono tutte traduzioni letterali dell'italiano autostrada.

Così mentre Roma ha fatto nascere la strada, Milano può rivendicare la paternità dell’autostrada

Nello stesso periodo, a onor del vero nasceva la U.S. Route 66 o Route 66 (figura 9) una delle prime highway federali statunitensi. ma non una motorway come la nuova autostrada italiane e quelle tedesche che ad essa sarebbero seguite.

Patrocinata da Cyrus Avery, nativo dell'Oklahoma, nel 1923 quando si cominciò a parlare di un sistema di strade nazionali, la US 66 fu aperta l'11 novembre 1926 anche se fino all'anno seguente non vennero installati tutti i cartelli indicatori; la pavimentazione fu completata solo nel 1938. Come tutte le altre highways anche la 66 aveva il fondo in terra battuta. Grazie agli sforzi dell'Associazione della Route 66, divenne la prima completamente asfaltata nel 1938.

L’ing. Puricelli non si limitò alla realizzazione con la sua impresa di costruzioni delle prime autostrade con la messa a punto di macchine (Figura 10, Un rullo a Vapore dell’epoca) tecnologie avanzate per le pavimentazioni e le altre costruzioni; divenuto senatore del regno progettò la rete di autostrade a suo giudizio necessaria al paese in alternativa e supplemento alla rete ferroviaria. Questi progetti trovarono sviluppo nel dopoguerra come vedremo. Alla prima autostrada essenzialmente di pianura seguirono quindi altre realizzazioni con la stessa formula alcune delle quali in terreni collinosi e montagnosi con una serie di soluzioni tecniche di viadotti e gallerie molto ardite, quali quelle usate per la “camionale” Milano - Genova costruita in soli due anni attraverso i monti liguri del passo dei Giovi, che collegava il porto di Genova col cuore industriale del paese allora concentrato al nord.

Nello stesso periodo (1927) veniva concepita concepita, su suggerimenti sempre dell’ing. Piero Puricelli, la rete di autostrade tedesche a pavimentazione di cemento armato realizzata dal 1933 al 1939 da Fritz Todt che sotto il Terzo Reich fu ispettore generale delle strade e artefice della rete autostradale costruita dal regime.

Solo nel dopoguerra il generale Eisenhawer memore di queste autobahan tedesche nate per far muovere velocemente i mezzi militari, pensò alla rete di motorways americane mandando in pensione le highways tra cui la storica 66.

Tutti comunque figli e nipoti della puricelliana Autostrada dei laghi.

 

 

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