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Come uccidere le costruzioni: istruzioni per l'uso

Drammatiche le conseguenze delle modifiche introdotte all’articolo 96 del Testo unico delle imposte sui redditi.

Le Costruzioni rappresentano l'unico grande settore che non si ripreso dalla crisi del 2009, in Italia.

Questo è dovuto a un insieme di fattori, molti endogeni, come per esempio la struttura e l'organizzazione del settore, la bassa qualità manageriale di gran parte delle aziende del settore, la produttività che in 20 anni è peggiorata, la limitata propensione all'innovazione, la frammentazione della domanda; ma la causa di questa crisi non non essere addebitata anche a fattori esterni, come la burocrazia normativa, unica per arretratezza nei paesi industrializzati.

Ma una delle cause che ha contribuito in modo maggiore a portare alla perdita del lavoro da parte di oltre 600mila persone e alla chiusura di un numero impressionante di aziende è legata a come la politica ha sempre considerato questo settore: un comparto semplicemente da spolpare.

Costruzioni, un settore da spolpare

Sono decenni che non si fanno politiche per la casa, per la messa in sicurezza degli edifici e delle strutture, per l'efficientamento del patrimonio immobiliare.

Le scelte sono sempre collegate allo spolpamento e all'interesse. Guardiamo lo sviluppo delle nostre aree urbane, sono sempre collegate al favoritismo clientelare che ha unito imprenditoria immobiliare e PA, quest'ultima nei migliori dei casi più interessata agli oneri di costruzione e urbanizzazione che allo sviluppo sociale della città.

Le nostre periferie, ormai diventate parte dei centri nelle grandi città, hanno interi quartieri senza piazze, senza marciapiedi nelle vie, senza parcheggi. Inoltre abbiamo interi centri storici distrutti dalla scellarata realizzazione di altri centri, quelli commerciali.

Invece di perseguire la logica della Mix City e del Policentrismo si è perseguita quella della speculazione edilizia. In Italia Urbanistica è sinonimo di contenzioso normativo con il comune, non di progettazione urbana.

Per fare questo, per rendere il sistema ricattabile, la politica ha capito che la soluzione era quella di rendere le costruzioni un nemico.

Cementificazione, impermeabilizzazione del territorio, questi i termini utilizzati negli ultimi trent'anni per parlare del nostro settore. Negli anni '60 l'obiettivoi della politica era quello di dare una casa a prezzi contenuti a tutta la popolazione. Oggi si parla di reddito di cittadinanza. La scelta degli anni '60 portò lavoro, benessere. Ricordo il piano INA CASA. Le scelte di oggi porteranno a stimolare la crescita del lavoro nero.

Non c'è stato un governo negli ultimi decenni che abbia avuto la capacità e l'interesse di prendere in mano il problema della casa, l'ultimo politico che si è interessato a questo problema è probabilmente Fanfani. 

Certo si sono dati gli incentivi per la ristrutturazione. E' come usare il metadone per curare la dipendenza dall'Eroina. Un proclama elettorale, che  è servito solo a rattoppare edifici vecchi e insicuri e a favorire il mercato degli artigiani e micro imprese, gli unici ad avere la capacità di poter sopravvivere in un mercato fatto di cambio delle piastrelle e degli infissi. La prova ne è che hanno chiuso nelle città tutte le imprese medie. L'ipocrisia delle norme e di chi le ha scritte ha portato a un sistema che dall'altro ha penalizzato le imprese vere sobbarcandole di oneri, bollini, carte, responsabilità e controlli e dall'altro ha favorito emanando norme più leggere per artigiani e microstrutture e finanziando solo i microinterventi.

Così oggi ci ritorviamo che abbiamo erogato miliardi di euro per avere costruzioni efficienti al loro interno a macchia di leopardo, con inquilini in lotta per il colore di una tenda.

Il problema della casa non è stato affrontato

Il problema della casa non è stato affrontato nella sostanza, si è rimasti ancorati a vecchi principi. Nel Paese delle partite IVA, dei giovani che sono per un terzo senza lavoro, del lavoro precario, del lavoro mobile si è pensato di affrontare il problema senza comprendere il cambio di paradigma sociale.

O ggi la musica non si compra, si fa l'abbonamento a IMusic. Oggi il Film non si compra, ci si iscrive a Netflix. Oggi la norma non si acquista, ci si abbona per leggerla. Oggi la bicicletta non si compra, si usa il bike sharing. Oggi non si compra più Microsoft Office, si noleggia la licenza. Oggi non si imparano più le cose, le cerchiamo su google. Oggi non ci si sposa, si convive.  

L'intera nostra società sta spostandosi dall'era del possesso a quella dell'uso.

Le nuove generazioni non solo non hanno le risorse per comprare una casa, spesso non lo fanno perchè sanno che fra due anni dovranno cambiare città, lavoro, stile di vita.

Gli appartamenti che le famiglie hanno acquistato vicino alla propria casa per i figli sono affitati a terzi, perchè i figli o continuano a vivere nella stessa casa, è più comodo, o sono a chilometri di distanza.

E il costruire per affittare è un costruire di maggiore qualità. Perchè chi fa l'investimento sa che ogni risparmio portarà a maggiori costi di manutenzione. Perchè il proprietario avrà le risorse poi per fare queste manutenzioni, e lo dovrà fare per rendere l'immobile interessante.

Sostenere gli investimenti in costruzioni "in affitto"

Nella Società dell'Uso cambia anche la logica degli investimenti immobiliari: costruisco non per vendere, ma per affittare, noleggiare ...

Se si vuole dare una soluzione al problema casa, alla crisi dell'edilizia occorre creare strumenti che supportino e stimolino l'attività delle imprese immobiliari che guardano all'affitto non come soluzione sfigata da scegliere quando non sono riuscito a vendere ma come soluzione ideale per la Società dell'Uso.

E non si deve pensare solo alla casa.

Nell'era precedente, in cui il prezzo di vendita di un edificio era quasi sempre superiore al prezzo dell'acquisto avvenuto alcuni anni prima la logica dell'acquisto come investimento aveva un senso. Oggi in Italia non è più così. Questo porterà sempre più imprese non solo a noleggiare auto, ma anche l'immobile in cui opera, per essere più flessibile e non immobilizzare liquidità.

Più che il sostegno della spesa del cambio dei tavoli si dovrebbe sostenere gli investimenti in costruzioni destinati a questo mercato, quello degli affitti. 

Ma purtroppo non solo non era così ieri, ma non lo è neppure oggi.

BRUSCA FRENATA AGLI INVESTIMENTI E ALLA RIPRESA DEL SETTORE IMMOBILIARE CON IL DLGS IN MATERIA DI DEDUCIBILITA’ DEGLI INTERESSI PASSIVI

Un comunicato congiunto di ASSOIMMOBILIARE e ANCE denuncia oggi il problema che si avrà con la pubblicazione in Gazzetta del Dlgs che riguarda le politiche fiscali sui redditi.

Ecco il comunicato 

"IMMEDIATA RIDUZIONE DEL VALORE DELLO STOCK IMMOBILIARE

Roma/Milano, 30 novembre 2018 – Assoimmobiliare, che rappresenta gli operatori e gli investitori dell’industria immobiliare, e Ance, l’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili, esprimono grande preoccupazione per gli effetti che il nuovo decreto legislativo in materia di deducibilità degli interessi passivi avrà sull’intera industria immobiliare: si annulla di fatto la deducibilità integrale relativamente a finanziamenti ipotecari sugli immobili destinati a locazione fino ad oggi vigente. Il riferimento è alle modifiche introdotte all’articolo 96 del Testo unico delle imposte sui redditi.

Tale decreto, in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, rappresenta un segnale assai preoccupante che va a colpire duramente un’industria, quella immobiliare e delle costruzioni, che rappresenta una leva fondamentale al servizio dell’economia del Paese e contribuisce in modo importante all’occupazione e per circa il 18%[1] al PIL dell’Italia, anche favorendo l’afflusso di capitali internazionali. La minore deducibilità degli interessi passivi impatterà pesantemente sul mercato delle locazioni di immobili, siano questi ad uso uffici, commerciali o con altre destinazioni d’uso, con un effetto negativo, in ultima istanza, anche per le imprese affittuarie.

La limitazione alla deducibilità genererebbe un incremento della tassazione per le società immobiliari stimabile in almeno 5-6 punti percentuali da aggiungere all’aliquota Ires del 24%. Tale aggravio si aggiungerebbe all’indeducibilità degli interessi passivi ai fini Irap previsto dall’attuale normativa e al rilevante peso dell’IMU che già gravano sugli investitori immobiliari, mettendo a dura prova la pianificazione di ulteriori investimenti di sviluppo che, a sua volta, in particolare per le imprese del sistema Ance, pregiudica strutturalmente la futura domanda di costruzioni, rischiando di deprimere così l’intero comparto.

L’industria immobiliare, già soggetta ad una fiscalità fortemente penalizzante, rischia di vedere così vanificati gli effetti di una ripresa di cui si riscontrano i primi segnali, dopo una lunga crisi che ha colpito non solo questo settore, ma l’intero Paese. Oltre a impattare sulle prospettive di crescita del settore, questo provvedimento avrebbe l’effetto di abbattere immediatamente i valori degli immobili esistenti, fatto di per sé non solo controproducente, ma anche contradditorio rispetto ai piani recentemente annunciati di cessione di parti rilevanti del patrimonio immobiliare pubblico. A ciò si aggiunge un quadro di fiscalità incerta e penalizzante per gli investitori internazionali, a cui si dovrebbe, al contrario, guardare con interesse per un buon esito delle iniziative di dismissione.

Assoimmobiliare, guidata dal Presidente Silvia M. Rovere, e Ance, presieduta da Gabriele Buia, chiedono alle istituzioni - dopo aver ponderato con attenzione le conseguenze - una correzione del provvedimento, che altrimenti metterebbe a rischio investimenti e crescita di tutta la filiera dell’industria immobiliare, incluso il settore delle costruzioni, in un momento cruciale per la crescita economica dell’Italia che deve mantenere un livello di competitività adeguato in uno scenario globale sempre più complesso e sfidante."

Come uccidere le costruzioni: istruzioni per l'uso

la-CRISI-di-IDEE e la crisi delle costruzioniBuia e Rovere denunciano l'ennesima azione contro le costruzioni, ma anche contro i nuovi cittadini.

Nel 2008 avevamo circa 500.000 permessi di costruire, oggi ne abbiamo 40mila. L'industria del cemento ha ridotto di due terzi la sua produzione. Il reddito dei professionisti è crollato. Quest'anno la lista delle grandi imprese che saltano o a rischio è impressionante: Condotte, Astaldi, CMC, Grandi Lavori, Toti ... Se saltano queste, saltano i pagamenti ai subappaltatori, molti dei quali salteranno.

La scelta che il governo deve compiere è semplice:

  • può scegliere di dare il reddito di cittadinanza a chi è (forse) senza lavoro, oppure
  • avviare una politica che diminuisca i "senza lavoro". 

Nel primo caso la conseguenza non solo sarà solo quella di avere più gente senza reddito, ma anche immobili e infrastrutture sempre più vecchi e insicuri e quartiere socialmente disagiati, e giovani che tra 760 euro di sussidio e opportunità di lavoro sceglieranno quest'ultima e, quindi, si trasferiranno all'estero.