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La Centrale Condivisa dei Dati: una Nuova Razionalità Competitiva per le Imprese di Costruzioni?

Le nuove regole del gioco, della competizione digitalizzata, implicano che, attraverso i dati, si possa mitigare il rischio di insuccesso (nelle sue diverse forme) grazie a modalità predittive che presuppongono la «proprietà», ovvero la detenzione, di elevate quantità di dati «puliti».

 

Condivisione dei Dati per aumentare la predittività e ridurre il rischio nella filiera delle costruzioni

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Negli Stati Uniti, dieci imprese di costruzioni hanno creato, su impulso di Smartvid, un Predictive Analytics Strategic Council: esse sono Suffolk, Barton Malow, Clayco, DPR Construction, JE Dunn, Messer Construction, Mortenson, Shawmut Design Construction e Bouygues Group.

Il loro obiettivo è condividere grandi moli di dati al fine di potenziare collegialmente le proprie capacità previsionali degli accadimenti cantieristici attraverso l’Artificial Intelligence, tema su cui, ad esempio, ha molto insistito, in Europa, Autodesk assieme a Royal BAM, già, d’altronde, con Bentley (Synchro), protagonista di sperimentazioni sul 4D BIM in materia di Risk Mitigation.

Si tratta, evidentemente, di dati strutturati, inerenti a testi, a immagini e a voci, tesi a prevedere o a riconoscere non conformità e criticità nel cantiere, piuttosto che relativamente a elementi conoscitivi determinanti in sede di offerta.

Parimenti, in queste stesse imprese di costruzioni, sta diffondendosi la funzione del Chief Data Officer.

È, tuttavia, un primo passo che rimanda idealmente alle forme consortili legate alle centrali di acquisto che, molto spesso, almeno nel nostro Paese, hanno dato esito pressoché fallimentare.

D’altronde, in Francia, il Projet National MINnD, Saison 2, altro non è che uno straordinario sforzo cooperativo sulla digitalizzazione nel settore infrastrutturale, attuato da parte di tutti i maggiori attori del mercato, anche a tutela del sistema nazionale del comparto, non a caso a partire dalla centralità del dato.

La necessità di condividere considerevoli moli di dati strutturati al fine di competere nell’ottica della Quarta Rivoluzione Industriale era, peraltro, largamente nota nel settore manifatturiero, specialmente attraverso gli studi condotti presso la TU München.

È palese, dunque, che i Data Driven Process, per poter esplicitare al meglio le proprie potenzialità, richiedano la disponibilità di data lake che raramente potranno essere appannaggio di un singolo competitore.

Nel caso di specie, attinente all’esecuzione dei lavori, così come, ancor a maggior ragione, a proposito della calibrazione dell’offerta tecnica ed economica, sta, pertanto, iniziando ad avverarsi un fenomeno inusitato, inaudito.

Le nuove regole del gioco, della competizione digitalizzata, implicano che, attraverso i dati, si possa mitigare il rischio di insuccesso (nelle sue diverse forme) grazie a modalità predittive che presuppongono la «proprietà», ovvero la detenzione, di elevate quantità di dati «puliti», statisticamente utilizzabili e semanticamente validi.

Tale rischio, a fronte degli esigui margini di profitto conseguibili e della complessità accresciuta delle commesse, sta diventando, infatti, in primo luogo agli occhi delle istituzioni finanziarie, insostenibile.

Sono, quindi, i metodi e gli strumenti a forzare, sia pure entro certi limiti, le logiche individualistiche e antagoniste radicate presso il Top Management delle imprese di costruzioni, emerse spesso anche nei raggruppamenti temporanei e nelle joint venture.

D’altro canto, a prescindere dal livello orizzontale, anche sulla verticalizzazione della catena di fornitura il connubio «BIM&Lean» induce ad atteggiamenti «collaborativi» niente affatto trascurabili.

Detto in altri termini, l’essenza medesima delle metodologie e dei dispositivi digitali condurrebbe allo stravolgimento di abiti mentali secolari, cosicché probabilmente una nuova generazione di officer sarà richiesta dal mercato.

È ovviamente troppo presto per giungere a conclusioni affrettate, laddove l’estrema parcellizzazione del tessuto imprenditoriale europeo e la esasperata conflittualità sembrerebbero smentire queste ipotesi che, tuttavia, non possiede nulla di idealistico, bensì è motivata da uno stretto utilitarismo, una sorta di cogenza.

Tutto ciò solleva, appunto, il tema dei processi aggregativi, sorto oggi alla ribalta con il noto Progetto Italia, di cui primi protagonisti sono Cassa Depositi e Prestiti, Salini Impregilo e alcuni istituti di credito.

Di là del caso specifico, della sua rilevanza strategica e delle corrispondenti motivazioni, resta un interrogativo generalizzato, dovuto proprio alla traslazione dei fattori competitivi che la digitalizzazione comporta.

Rischio e predittività, due termini ormai presenti in maniera ossessiva sul mercato, appaiono, in effetti, determinanti cruciali per instaurare reti e relazioni inedite nel mercato della costruzione e all’interno della filiera.

Sarebbe, di conseguenza, auspicabile che, a partire dalle rappresentanze datoriali, si immaginasse di istituire consortilmente Centrali Dati, a livello territoriale, quale prodromo a una strategia di integrazione, se non di M&A.

In ogni modo, il Common Data Environment, Project- o Corporate-Wide, diviene l’elemento di fatto embrionale della sfida collaborativa che, non per niente, coinvolgerebbe pure la committenza nell’ottica dei sistemi versatili di collaborazione tipici dell’Alliancing.

Come si vede, la trasformazione digitale promette grandi rivolgimenti.

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