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Ponte Morandi, parlano i periti: elevato grado di corrosione e difetti esecutivi

Secondo i periti nominati dal GIP gli unici interventi efficaci risalgono a 25 anni fa. I risultati della perizia parlano di un forte degrado e corrosione dei fili dei trefoli che in taluni casi presentavano una riduzione dal 50-100%, praticamente scomparsi. A questo, si aggiungono, secondo i tecnici, anche difetti esecutivi rispetto al progetto originario.

A quasi un anno dal crollo del ponte Morandi esce la prima perizia sullo stato di conservazione del ponte.

Sono pesanti le conclusioni dei periti, nominati dal giudice di Genova per analizzare le condizioni di conservazione e manutenzione del viadotto nell’ambito del primo incidente probatorio disposto dal gip Angela Maria Nutini sulla base dell’analisi delle parti crollate e di quelle non precipitate del viadotto.  

La situazione di degrado del ponte attraverso alcuni dati della perizia

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Nelle 72 pagine di relazione sono emersi dati piuttosto precisi: il 19% dei cavi di acciaio completamente corrosi, il 22% con riduzione di sezione del 75%, il 27% con riduzione del 50% e il restante 18% con riduzione di sezione del 25%. 

Inoltre sul tampone della pila 9 "le nervature presentano fenomeni di degrado localizzati". Il 68% dei trefoli del gruppo primario, situato all'interno del tirante, e l'85% dei trefoli situati più all'esterno, quindi, avevano una riduzione di sezione tra il 50% e il 100%.

Particolare attenzione è stata data al reperto 132, per la procura il maggior indiziato del disastro e già oggetto di valutazione da parte degli esperti dei laboratori di Zurigo. Si tratta della parte terminale di uno degli stralli, che aggancia nella parte superiore la pila crollata. Secondo i periti, un cavo su quattro di questa sezione è risultato completamente corroso. Mentre il 61% aveva subito una riduzione di spessore di almeno la metà. Solo "il 14% dei gruppi di fili primari e il 3% di quelli secondari sono risultati per nulla o poco corrosi".

Nella relazione i tre professori, Gianpaolo Rosati, Massimo Losa e Renzo Valentini, che hanno firmato la perizia, sottolineano più volte la carente manutenzione strutturale. “Nessun intervento recente”. L’ultimo intervento significativo “risale a circa 25 anni fa, successivamente sono stati eseguiti interventi di presidio con l’installazione di reti per i distacchi .... che non intervengono sullo sviluppo del processo corrosivo”.

Rilevati anche difetti esecutivi

Ma non è solo l’assenza di manutenzione ad essere sotto i riflettori. Secondo i periti a peggiorare lo stato della struttura ci sarebbero anche difetti di esecuzione. “Alcune guaine – scrivono gli ingegneri – non sono iniettate del tutto o lo sono parzialmente e i trefoli possono essere estratti manualmente per questo motivo”. Dove sono emersi difetti di esecuzione - si legge sulla relazione - “i cavi secondari sono spesso liberi di scorrere: alcuni trefoli non sono stati trovati dentro le guaine. In generale i cavi secondari nelle guaine presentano fenomeni di ossidazione e, in alcuni casi, con riduzione di sezione, i quali hanno effetti diretti sulla sicurezza strutturale” .

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La replica di Autostrade

In una nota Aspi dichiara che "le percentuali di corrosione riportate nella tabella della perizia depositata oggi confermano in realtà che la capacità portante degli stralli era ampiamente garantita, come hanno dimostrato anche i risultati delle analisi compiute dal laboratorio Empa di Zurigo e dall'Università di Pisa. Quindi, l'eventuale presenza di una percentuale ridottissima di trefoli corrosi fino al 100% non può in alcun modo aver avuto effetti sulla tenuta complessiva del Ponte".

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