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Calcestruzzo: dopo la crisi dell’edilizia l’emergenza Coronavirus, che fare

Un breve commento sulle strategie industriali che il nostro Paese non fa

L’ANCE ha di recente emanato una guida di supporto alle imprese del settore che si trovano ad affrontare il tema del Coronavirus. 

L’Associazione Nazionale dei Costruttori, in attesa di ulteriori e specifici provvedimenti legislativi da parte del Governo e degli Enti locali, fornisce con questa guida alcune prime indicazioni operative per far fronte alle conseguenze derivanti sull’attività di impresa dall’ emergenza sanitaria Covid-19. In particolare, vengono indicate alcune misure cautelative che possono servire per evitare che dall’eventuale sospensione delle attività di impresa, per i lavori eseguiti in conto proprio che in appalto, derivino conseguenze negative, per il rispetto degli impegni contrattualmente previsti, per le procedure edilizie.

E le considerazioni riguardano i cantieri situati nei Comuni finora individuati dal DPCM 23 febbraio 2020 e diretti destinatari delle misure previste a livello statale e locale e i cantieri che, indirettamente (es. per mancata fornitura conseguente al fermo del trasporto merci) possono subire un rallentamento o una interruzione dei lavori.

La guida riguarda 

  • l'Edilizia privata, e in particolare informazioni riguardanti 
    • la Sospensione dei lavori – comunicazione al comune
    • Le Opere eseguite per conto di committente privato
    • i Contratti preliminari di compravendita
  • l’AMBIENTE, e quindi il tema delle TERRE e ROCCE da SCAVO
  • il LAVORO e le INDICAZIONI IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATOR, in particolare il ricorso agli ammortizzatori sociali
    • le OPERE PUBBLICHE e in particolare la Fase di gara e la Fase di esecuzione dei contratti

Il documento è ovviamente utile per tutta la filiera, ed è scaricabile in allegato a questo articolo.

Oltre ai suggerimenti burocratici, cosa fare ?

Ma a che riflessione ci porta la situazione che stiamo vivendo.

Lungi dalla tentazione dal sentirmi in grado di poter dare consigli su come muoversi in questo momento. Mi pare opportuno però fare una riflessione sul settore, che può essere estesa a molti altri

La crisi del settore del settore del calcestruzzo è iniziata nel 2008.

Prima si producevano circa 80 milioni di metri cubi di calcestruzzo, oggi siamo sotto i 30 milioni. La produzione media per impianto si assestava intorno ai 32.000 mc/anno. I dati europei evidenziavano che questa media fosse al di sotto dei valori degli altri paesi del continente, e che questo fosse un limite alle capacità di investimento del settore. Oggi i dati a disposizione - se corretti - ci dicono che siamo sotto i 15/14.000 mc.

Questo significa che ci sono impianti che operano con produzioni inferiori ai 1.000 metri cubi al mese. Cosa è successo: al calo dei volumi non è seguito una vera riorganizzazione del mercato. Il mercato di oggi quindi non solo ha minori mezzi per investire in qualità, tecnologia, controlli e innovazione, è anche molto più fragile. L'emergenza Coronavirus peserà più su settori fragili, perchè non hanno le risorse per fronteggiare situazioni come queste.

Questo accade perchè in questo paese, sotto la spinta di una cultura giustizialista e populista, in questi anni si è pensato più a controllare che a costruire.

Basta guardare il codice degli appalti, in cui ci sono più pagine dedicate a quello che non si deve fare che quelle dedicate al SI PUO’ FARE. Il risultato è che per costruire un’opera in Italia occorrono in media 18 anni. Carlea, quando era Presidente del Consiglio Superiore dei LLPP, evidenziava come le norme sugli appalti debbano liitarsi a definire le regole e prescrizioni procedurali su come gestire gli appalti e le costruzioni conseguenti con l'obiettivo di arrivare all'opera "presto e bene", perchè poi ci sono Carabinieri e Guardia di Finanza per controllare se tutto procede in modo corretto. Ma se la legge che regola gli appalti si vuole sostituire a quest'utlimi ecco il risultato.

E la stessa cosa succede nell’ambito della programmazione industriale.

Nel nostro Paese, piuttosto che avviare politiche di ridefinizione delle strutture industriali dei diversi settori finalizzate a rendere ognuno di essi più forti e più competitivi a livello internazionale si è preferito sostenere la politica del mercato liberista, della giungla, penalizzando con sanzioni severissime (che come unico obiettivo hanno quello di distruggere intere aziende) qualsiasi tentativo di autogestione all’interno dei settori.

Mettersi intorno a un tavolo per capire come evitare che una industria nobile possa essere più forte a livello nazionale e internazionale non significa creare un trust, significa impedire che perdite su perdite possano rendere queste aziende talmente deboli da essere acquisite poi da gruppi internazionali oppure saltare.

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Ecco quindi cosa mi fa pensare questa emergenza Coronavirus: alla necessità che in questo Paese ci sia maggiore attenzione alla robustezza, del sistema industriale, del sistema professionale, del sistema scolastico, per evitare che poi di fronte alla crisi non abbiamo le risorse e le forze per affrontarla.

Ma questo richiede governanti con capacità di visione, e una leadership forte tale da non dipendere dai sondaggi su Facebook. E questo è molto, molto difficile.

Un settore forte ha bisogno di sinergie forti.

Non vi è però solo un problema di norme e regole, di azioni di governo e pianificazione industriale, vi è anche un problema di sistema.

La fragilità delle aziende di un settore dipende anche dalla capacità che ha questo settore di fare sistema. Sistema al suo interno, perchè abbia la forza di migliorare le regole del mercato, qualificare addetti e aziende, valorizzare il perso della conoscenza e dell'esperienza, guidare le scelte dei clienti. Sistema al suo esterno perchè ogni settore da solo non può pensare di poter cambiare le cose, di poter incidere sui percorsi qualitativi di un mercato complesso come quello delle costruzioni. In questo il ruolo delle Associazioni e Federazioni è fondamentale.

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