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Roma trema. Basterà una scossa per creare consapevolezza ?

Cambiare il Sisma Bonus, meno regole ma più chiare, stop alle interpretazioni dell'agenzia delle entrate, e un piano per le scuole

Questa mattina Roma ha sentito una scossa di magnitudo 3,3. Stiamo parlando di una magnitudo modesta, ma sufficiente per fare scendere le persone in strada. In Giappone non l'avrebbero neppure citata nei telegiornali, come accaduto in Italia. Chissà se questa breve esperienza ha fatto capire a qualcuno che ha in mano le redini del nostro Paese che c’è un problema da affrontare, seriamente, quello della sicurezza sismica del Paese.

 

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Meno male non abbiamo avuto terremoti importanti 

In questi giorni di emergenza sanitaria l'unica vera grazia che abbiamo ricevuto è probabilmente quella che sul nostro territorio non ci sia stato un terremoto importante. Se il fato volesse essere crudele, un sisma provocherebbe in Italia un enorme problema - oltre alle persone e alle cose - l’attuale esigenza di mantenere il più possibile il distacco fisico, a prescindere dalla fase 1 e 2 in cui ci riteniamo. Questo perchè, malgrado le numerose e tragiche esperienze vissute nel nostro territorio, basti pensare a quanto accaduto negli ultimi 11 anni, da L’Aquila ad Amatrice, nel nostro Paese si è continuato a far finta di avere una strategia di messa in sicurezza sismica del patrimonio immobiliare e infrastrutturale. Molte chiacchiere e poca sostanza. E nei crateri si continua a soffrire.

 

Gli edifici privati: il Sisma Bonus

Per quanto riguarda gli edifici privati lo strumento si era creato: il Sisma Bonus. Ma i risultati non sono stati quelli attesi.  Se da un lato infatti, qualcuno ha voluto con forza creare questo strumento di supporto nella forma tecnica più semplice e applicabile possibile, c’è sempre stato qualcun altro che ha cercato di renderlo difficilmente applicabili, attraverso la limitazione dei meccanismi di usufruizione. Di recente il presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Lodi, l’ing. Luca Bertoni, ha scritto un articolo “Incentivi e Agevolazioni: quando lo STATO ha (forse) il NEMICO in CASA”, denunciando questa situazione. La penso come lui.

Se non vogliamo essere ipocriti, far finta di voler risolvere i problemi, il sisma bonus per poter essere realmente applicato ha bisogno (a mio parere) di almeno quattro passaggi decisionali chiari da parte del governo, ripeto la parola chiari, non interpretabili.

 

Sisma Bonus: almeno il 100%, con importi limite più alti

Lo aveva detto il compianto Giorgio Squinzi quando era presidente di Confindustria: la quota deve essere portata al 100%. Lo stato rientrerà nei costi grazie all’enorme gettito IVA e all’emersione del nero che si creerà. Allora non fu ascoltato, oggi speriamo. Se lo portano al 120/120% c'è spazio per chi compra i crediti di guadagnarci, e questo aiuta.

 

La scadenza del Sisma Bonus: il 2021 è troppo vicino

L’ecobonus ha un vantaggio rispetto al sismabonus: gli interventi hanno tempi di attuazione più brevi. In genere si risolve tutto, dall'idea iniziale alla conclusione dei lavori, nel giro di pochi mesi. Il Sisma Bonus non ha la stessa fortuna. Pensiamo a un condominio. Qui non posso intervenire localmente, devo poter agire su tutto l’edificio, tutti i condomini devono essere d’accordo, devono essere fatte indagini tecniche prima per dare un supporto decisionale, deve essere fatto un preventivo iniziale, ci saranno richieste di ulteriori valutazioni, di avere simulazioni con diverse proposte, poi gli interventi non saranno brevi. Insomma se si vuole davvero rendere il Sisma Bonus uno strumento efficace la data di scadenza del provvedimento deve essere spostata più avanti, almeno 5 anni di applicazione, sarebbe meglio 10. Se oggi il governo uscisse con un provvedimento che parla del 2021 sarebbe una presa in giro.

 

Sisma Bonus, tutto deve andare nella direzione dell’applicabilità economica

Occorre introdurre le regole per una reale possibilità di applicazione finanziaria ed economica del beneficio. Partiamo dal concetto che abbiamo la necessità che venga applicato in un tessuto immobiliare in cui la proprietà è frazionata e diffusa. Occorre tenere in considerazione il fatto che la proprietà dell’immobile quasi mai ha le riserve per poter anticipare gli importi necessari, e neppure il reddito per poter recuperare i vantaggi fiscali previsti. Occorre consideriamo il fatto che le imprese di costruzione sono in gran parte alla canna del gas, e i professionisti pure, e quindi non possono essere sempre loro a poter godere fiscalmente dei benefici ed anticipare i costi degli interventi. Occorre poi considerare che c’è un mondo, quello delle banche, che pur avendo capitalizzazioni e strumenti finanziari, e quindi interesse, per poter acquistare i crediti ha anche la necessità di trovare nuovi spazi di servizio per poter sopravvivere in un sistema che oggi non gli da più redditività. Banche, Assicurazioni, e non solo aziende multiutility (del mondo dell'energia) così come multinazionali potrebbero essere i contraenti di questi questi crediti e potrebbe così nascere una "borsa" dei crediti tale da ridurre anche il "costo"  per il cittadino.

Se si vuole quindi applicare realmente il sisma bonus occorre definire un regolamento chiaro che consenta ogni possibile passaggio dei benefici, non interpretabile a suo piacimento dall’agenzia dell’entrate, tale che dopo uno, due o anche più passaggi, anche parziali, chiunque abbia capienza possa essere l’acquirente di questi crediti, in tal senso che sia quindi anche reintrodotto lo sconto in fattura. E questo dovrebbe valere sia per gli edifici residenziali che per quelli commerciali e industriali. 

Per quanto detto nel paragrafo precedente sarà poi importante che si arrivi a poter rendere finanziabile sia le indagini che il progetto dell’intervento anche nel caso in cui non si proceda. Perchè questo aiuterebbe le amministrazioni condominiali a portare all’attenzione delle assemblee almeno la proposta di intervento, e arrivare a qualche decisione positiva.

 

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L’obbligo di certificato sismico

Io amo moltissimo la Lancia Stratos. Ritengo sia una delle auto più belle mai costruite.

Sono però anche certo che, pur tenendola al massimo grado di manutenzione possibile, oggi sia un mezzo di circolazione poco sicuro (e poco sostenibile), e il cui uso dovrebbe essere limitato a manifestazioni di auto storiche. Peraltro, per le auto storiche si deve comunque fare una revisione periodica del suo stato (ogni due anni).

Per gli edifici (e le infrastrutture) il principio da applicare non dovrebbe essere così distante. Prima o poi si dovrà arrivare al concetto che un edificio, dopo una certa vita in servizio, debba essere soggetto a una verifica tecnica, e in caso di non superamento, debba essere o migliorato o sostituito. E’ un concetto duro, che può creare molti problemi al cittadino, ma dovrà essere affrontato.

Non possiamo permetterci di pensare, nessuno, che quando si compra un immobile, l’unica spesa successiva da sostenere sia quella della pulizia delle scale. Si dovrebbe arrivare a un certificato di idoneità strutturale dell'edificio. L'esperienza di Milano può essere un valido punto di partenza.

 

Gli edifici pubblici: un problema da affrontare con la fase 3 del COVID

Malgrado le tante promesse sono ancora troppi gli edifici pubblici vulnerabili. Si pensi alle scuole. Il rapporto della Fondazione Agnelli evidenzia che oltre il 16% degli edifici scolastici ha evidenti problemi strutturali. D’altronde ci sono ancora 1492 edifici di cui non si sa neppure l'epoca di costruzione, e sono circa 16 mila quelli di cui non si sa l’anno, e l’età media di 52 anni (in Liguria 75 anni, in Piemonte 64).

Stiamo parlando di 40mila edifici scolastici per circa 140 milioni di metri quadri di superficie edificata.

Appare chiaro che con 800 milioni di finanziamento post COVID (come si è parlato in questi giorni, utilizzando risorse già stanziate e nuove risorse) si faccia davvero poco.

Se si vuole quindi utilizzare l’edilizia, come giusto che sia, come uno dei motori per la ripartenza dell’economia sia l’edilizia scolastica il primo soggetto da considerare. La proprietà è pubblica, non vi è tutta la burocrazia complicata che c’è per le infrastrutture, il grado di vetustà e di sicurezza e già stato ampiamente monitorato e classificato: un euro dedicato all'edilizia scolastica è già immediatamente spendibile, stiamo quindi parlando di finanziamenti per provvedimenti che potrebbero diventare subito cantieri, senza attendere le valutazioni di impatto ambientale, i pareri dei comuni, le conferenze stato regioni, … e tutto quello che c’è dietro all’avvio di una infrastruttura viaria.

Sostituiamo tutti gli edifici scolastici ante 1976

Sostituiamo gli edifici scolastici costruiti prima del 1976, sono circa 23mila, è un investimento sul futuro. Come un piano INA CASA, ma dedicato alle scuole, si studi come farlo utilizzando al meglio gli strumenti digitali oggi disponibili per accelerare i processi costruttivi e ridurre i costi e i tempi. Un piano BIMmizzato per il rinnovo del patrimonio scolastico.

Il 60% di 140milioni di metri quadri sono circa 80milioni di metri quadri, in soldoni tra i 60 e gli 80 miliardi di euro. Un’iniezione nell’economia reale eccezionale.

 

Le infrastrutture

Al di la delle nuove tratte necessarie: TAV Torino Lione, Gronda, Brennero, Pedemontana … già ampiamente identificate, più che la costruzione di nuove infrastrutture si dovrà pensare alla loro manutenzione e sostituzione.

E il primo passaggio da realizzare è quello della conoscenza, quindi procedere on le linee guida per la classificazione con un approccio al rischio non solo dei ponti ma anche delle strade e gallerie, e quindi giungere alla catalogazione ed alla prioritarizzazione degli interventi sulla base del rischio.

Per evitare che il problema della sicurezza dei cittadini venga governato con interventi a pioggia e senza logica razionale, visto che le risorse necessarie per adeguare tutte le opere non sono disponibili.

 


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"Tutto" a volte è peggio di "niente"

Si sta scrivendo il decreto “rilancio”, che ha assunto questo nome dopo essere stato chiamato decreto aprile e poi maggio. Si parla di 300 pagine, 270 articoli. Ho l’impressione, ma non vorrei apparire prevenuto, che se esce un provvedimento di 270 articoli, che poi richiederanno decreti attuativi, regolamento, provvedimenti ad hoc, ognuno scritto con sei pagine di “visto che ...”, letto che …”, “richiamato che …” con il termine rilancio più che al Paese si stia pensando al Poker, con la speranza che non sia un bluff. Perchè il conto lo paghiamo, come sempre, noi.

Poco, ma buono. Questo è un vecchio adagio, da non perdere mai di vista.