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Rischio Sismico nei luoghi di lavoro: guida alla stesura del DVR

Nonostante il Testo Unico della Sicurezza (D.Lgs. 81/08) lo richieda chiaramente, la valutazione del rischio sismico nei luoghi di lavoro è ancora vista come un fastidioso "orpello", senza comprendere fino in fondo la vera natura catastrofica che un terremoto porta con se.

Di esempi ve ne sono stati fin troppi in questi ultimi anni, per cui diventa fondamentale rendere consapevoli Datori di Lavoro, ma anche Dirigenti Scolastici o Funzionari di una PA, di quanto sia importante integrare il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) con l’analisi del Rischio Sismico (non solo sulle componenti strutturali ma anche su tutti gli elementi non strutturali ed impiantistici).

All'interno dell'ampia trattazione sul tema si riporta anche l'analisi di un documento che reca “Indicazioni per la stesura del Documento Standardizzato di Valutazione dei Rischi”, elaborato dal Comitato Regionale di Coordinamento del Veneto . Le Linee di Indirizzo si sviluppano attraverso una analisi guidata dei rischi mediante “check-list” tematiche, strutturate attraverso identificazione, valutazione, verifica degli interventi di prevenzione e gestione del rischio.

 

Il sisma nel documento di valutazione dei rischi: una doverosa riflessione sulla tutela dei luoghi di lavoro

“Ai terremoti non v’è rimedio alcuno. Se il cielo ci minaccia con le folgori, pure si trova scampo nelle caverne. Ma contro i terremoti non vale la fuga, non giovano nascondigli” (Petrarca – Secretum): così il Petrarca argomentava sul Terremoto nella seconda metà del XIV Secolo… e sembra che da allora poco sia cambiato nella percezione che l’uomo ha del sisma.

Ed in effetti i recenti eventi sismici hanno messo tristemente in luce l’inadeguatezza del nostro patrimonio edilizio. Non solo rispetto alle abitazioni ma anche (e soprattutto) riguardo agli edifici in cui si svolgono attività lavorative (pubbliche e private).
La Scuola di San Giuliano di Puglia, la Casa dello Studente all’Aquila, i Capannoni industriali in Emilia, l’Hotel Roma di Amatrice sono soltanto alcuni esempi di attività produttive e di luoghi di lavoro ed aggregazione colpiti severamente e sbriciolati rovinosamente sotto i duri colpi del sisma.
E sono proprio questi esempi che dovrebbero indurre Datori di Lavoro, proprietari di strutture e tecnici a compiere una approfondita disamina sul tema della tutela dei lavoratori rispetto al terremoto.

Troppo spesso la valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro è ridotta ad un mero esercizio visto come un fastidioso “orpello” incombente… troppo spesso si sottovalutano la forza e la veemenza della natura ed i loro effetti catastrofici.

Il Testo Unico della Sicurezza (D.Lgs. 81/08) è estremamente chiaro: all’Articolo 28 indica che la valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori. In particolare l’Articolo 63 (in riferimento all’Allegato IV) impone, per gli ambienti di lavoro, requisiti di Stabilità e Solidità: “gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro o qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro devono essere stabili e possedere una solidità che corrisponda al loro tipo d’impiego ed alle caratteristiche ambientali” (nel caso specifico ci si riferisce anche, e non solo, al sisma).

E vi è di più: in base all’Articolo 64 il Datore di Lavoro dovrebbe provvedere affinché i luoghi di lavoro e gli impianti vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori.

I recenti eventi sismici (quello del 2002 in Molise e Puglia, quello del 2009 a L’Aquila, quello del 2012 in Emilia e quello del 2016 in Centro Italia) hanno evidenziato la elevata vulnerabilità delle costruzioni (anche di quelle ad uso pubblico e produttivo), realizzate prima della nuova classificazione sismica (OPCM n. 3274 del 20 marzo 2003 e OPCM n. 3519 del 28 aprile 2006): il problema della sicurezza nei confronti del rischio sismico negli edifici è quindi estremamente rilevante.

 

La nuova Classificazione Sismica

Per ridurre gli effetti del terremoto, l’azione dello Stato si è concentrata sostanzialmente sulla Classificazione del Territorio, in base all’intensità ed alla frequenza dei terremoti del passato, e sull’applicazione di speciali Norme per le Costruzioni nelle zone classificate sismiche.

La Legislazione antisismica italiana, allineata alle più moderne normative a livello internazionale, prescrive norme tecniche in base alle quali un edificio debba sopportare senza gravi danni i terremoti meno forti e senza crollare i terremoti più forti, salvaguardando prima di tutto le vite umane.

Sino al 2003 il territorio nazionale era classificato in tre categorie sismiche (i Decreti Ministeriali emanati dal Ministero dei Lavori Pubblici tra il 1981 ed il 1984 avevano classificato complessivamente 2.965 Comuni italiani su di un totale di 8.102). Nel 2003 sono stati emanati i criteri per la nuova classificazione sismica, basati sugli studi e sulle elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio, ossia sull’analisi della probabilità che il territorio venga interessato (in un certo intervallo di tempo, generalmente 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di intensità o magnitudo.

A tal fine è stata pubblicata l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003: il provvedimento detta i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l’adozione della classificazione sismica del territorio (D.L. n. 112/1998 e D.P.R. n. 380/2001), hanno compilato l’elenco dei comuni con la relativa attribuzione ad una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale.

 

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Di fatto, scompare il territorio “non classificato” e viene introdotta la zona 4, nella quale è facoltà delle Regioni prescrivere l’obbligo della progettazione antisismica. A ciascuna zona, inoltre, viene attribuito un valore dell’azione sismica utile per la progettazione.

L'attuazione dell'Ordinanza n.3274 del 2003 ha permesso di ridurre notevolmente la distanza fra la conoscenza scientifica consolidata e la sua traduzione in strumenti normativi e ha portato a progettare e realizzare costruzioni nuove, più sicure e nel rispetto di tecnologie innovative.
Le novità introdotte con l’Ordinanza sono state ulteriormente affinate grazie anche agli studi svolti dai centri di competenza (INGV, Reluis, Eucentre): un aggiornamento dello studio sulla pericolosità è stato adottato con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28 aprile 2006.

La Mappa di Classificazione Sismica del territorio nazionale attualmente in vigore è il risultato della successione di singoli rilevanti eventi sismici. La caratteristica principale del metodo di redazione della Mappa è l’osservazione dei “fenomeni naturali” e delle loro conseguenze sul territorio (energia liberata durante l’evento e danni sul patrimonio edificato).

 

Mappa di Classificazione Sismica del territorio nazionale

 

Quando la Normativa rincorre gli eventi

Il primo intervento Normativo in ambito sismico, in Italia, risale al 1627: dopo il gravissimo terremoto (XI Grado della Scala Mercalli) che colpisce Puglia e Campania il 30 luglio (provocando, oltre a gravi danni, anche la morte di diverse migliaia di persone), nel viceRegno Spagnolo viene definito un metodo costruttivo detto “sistema baraccato alla Beneventana” basato su una struttura intelaiata in legno.

Da allora, ad ogni terremoto corrisponde una risposta dello Stato (dai Borboni, allo Stato Pontificio, fino al Regno d’Italia) con lo scopo di porre rimedio agli effetti del sisma e di adeguare le costruzioni alle condizioni di pericolosità locale.

Dopo il Sisma di Messina (1908), di Avezzano (1915) e della Valle del Belice (1968) si susseguono una serie di interventi Normativi che culminano con la Legge n. 1086/1971 (“Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, ed a struttura metallica”) e con la Legge n. 64/1974 (“Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”) che, in particolare, stabilisce il quadro di riferimento per le modalità di classificazione sismica del territorio e demanda a Decreti del Ministero dei Lavori Pubblici l’aggiornamento della normativa tecnica, stabilendo che la classificazione debba procedere su basi tecnico scientifiche (attraverso tale Legge viene data la possibilità di aggiornare le norme sismiche in base all’evolversi delle conoscenze dei fenomeni sismici e di rivedere la classificazione sismica attraverso l’inserimento di nuovi Comuni colpiti da eventuali terremoti).

A seguito dei disastrosi eventi sismici in Friuli Venezia Giulia (1976), in Umbria (1979) ed in Irpinia (1980) la legislazione riguardante le Norme Tecniche per le Costruzioni e la Classificazione Sismica riceve un notevole impulso che porta alla approvazione di decine di provvedimenti (tra Leggi, Decreti e Circolari) sulla base delle indicazioni contenute nella Legge 64: tra questi il D.M. 9 Gennaio 1996 (“Norme tecniche per il calcolo, l’esecuzione ed il collaudo delle strutture in c.a. normale e precompresso e per le strutture metalliche”) ed il D.M. 16 Gennaio 1996 (“Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche”).

Su tale impianto normativo si è inserito il nuovo processo di distribuzione delle competenze fra Stato, Regioni ed Enti Locali. La competenza per l’individuazione delle zone sismiche e la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle stesse è stata trasferita, con il D.L. n. 112/1998, alle Regioni, mentre è rimasta allo Stato quella di definire i relativi criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche e le norme tecniche per le costruzioni nelle medesime zone.

La competenza Statale è rimasta incardinata nel Ministero dei Lavori Pubblici fino all’approvazione del Decreto Legislativo n. 300/1999 (che l’ha successivamente assegnata all’Agenzia di Protezione Civile prima ed al Dipartimento della Protezione Civile poi, con il D.L. n. 343/2001).

Inoltre, in conseguenza del riordino normativo della materia Edilizia, le disposizioni antisismiche previste dalla legge n. 64/1974 sono confluite, con modifiche, nel D.P.R. n. 380/2001 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia Edilizia”) che contiene indicazioni specifiche relative alle norme per le costruzioni in zone sismiche, alla loro vigilanza, nonché alle modalità di repressione delle violazioni.

L’evoluzione della “tecnica” e l’urgenza dettata dagli ultimi tragici eventi sismici (a partire dal 2002) hanno infine condotto alla emanazione delle nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (dapprima nel 2008 ed infine nel 2018), norme tra le più avanzate a livello mondiale che hanno introdotto una sostanziale variazione della filosofia sulle verifiche ed il concetto di pericolosità sismica locale: è stata infatti abbandonata la concezione di “territorio” diviso in zone sismiche ed è stata introdotta una “zonizzazione” mediante l’adozione di un “reticolo” che tenesse conto delle caratteristiche puntuali di pericolosità sismica.

L’affanno con il quale gli interventi normativi ha inseguito gli eventi sismici è del tutto evidente se si considera lo sforzo economico sostenuto dal Paese per tentare di “normalizzare” gli effetti dei terremoti: in base a recenti studi, dal 1968, il costo “attualizzato” dei terremoti assommerebbe ad oltre 125 Miliardi di Euro!


L’effetto (costi) degli ultimi terremoti nei luoghi di lavoro

Sisma di Molise e Puglia (31 ottobre 2002, ore 11,33). Numerose vittime nella scuola di San Giuliano di Puglia (CB). Stima dei danni: 1,3 Miliardi di Euro

Sisma dell’Aquila (6 aprile 2009, ore 03,32). Completamente distrutta la sede della Prefettura dell’Aquila ed un’ala della “Casa dello Studente”. Seriamente lesionati l’Ospedale Regionale, la Questura, il Dipartimento di Lettere e Storia ed il Polo d’Ingegneria ed Economia dell’Università dell’Aquila e l’hotel “Duca degli Abruzzi”. Oltre al patrimonio immobiliare risultano gravemente danneggiate molte attività produttive. Stima dei danni: 13,3 Miliardi di Euro

Sisma della Pianura Padana (20 maggio 2012, ore 04,03 - 29 maggio 2012, ore 09,00 - 03 giugno 2012, ore 21,20). Gravi danni ad edifici rurali ed a capannoni nelle aree commerciali, artigianali ed industriali. Colpiti diffusamente su tutto il territorio anche gli edifici pubblici, fra i quali scuole ed ospedali. Due operai morti nella “Ceramica Sant'Agostino” (fabbrica di ceramica) Sant’Agostino (FE). Un operaio morto nella “URSA” (fabbrica di prodotti per isolamento) di Stellata (frazione di Bondeno - FE). Tre operai morti nella “BBG S.r.l.” (industria meccanica) di Mirandola (MO). Quattro operai morti nella “Haemotronic S.p.A.” (azienda biomedicale) di Medolla (MO). Stima dei danni: 13,7 Miliardi di Euro

Sisma del Centro Italia (24 agosto 2016, ore 03,36 - 26 ottobre 2016, ore 19,10 e 21,18 - 30 ottobre 2016, ore 07,40). Gravi danni agli edifici pubblici, fra i quali scuole ed ospedali. Colpiti anche numerosi edifici rurali, capannoni artigianali ed industriali ed attività ricettive. Un operaio ferito per il crollo di un controsoffitto in una Fabbrica di surgelati a Tolentino (MC). Stima dei danni: 13,2 Miliardi di Euro

 

La valutazione del rischio sismico: incombenza imprescindibile

Il sintetico quadro appena raffigurato indica chiaramente l’importanza della valutazione del rischio sismico nei luoghi di lavoro.
L’articolato Quadro Normativo Italiano indica chiaramente la rilevanza fondamentale di:

- valutare la vulnerabilità/sicurezza sismica della struttura e degli elementi non strutturali negli edifici (programmando eventualmente interventi idonei in caso di criticità riscontrate);

- integrare il documento di valutazione dei rischi (DVR) con il rischio sismico;

- redigere specifiche procedure di intervento in caso di emergenza sismica, attraverso l’integrazione dei Piani di Emergenza (PE).

La Commissione Consultiva Permanente per la Salute e la Sicurezza sul lavoro, nel maggio 2012, ha approvato le “Procedure Standardizzate” (recepite nel D.M. 30 novembre 2012) per la Valutazione dei Rischi e per la elaborazione del DVR. Tra i pericoli individuati in Azienda, elencati nel Modulo 2 delle “Procedure”, nella “Famiglia” denominata “Altre Emergenze”, sono citati “Inondazioni, allagamenti, Terremoti, ecc.” (in riferimento al Titolo I, Capo III, sez. VI “Gestione delle Emergenze” del Testo Unico della Sicurezza): alle suddette emergenze sono associati (quali esempi di incidenti e di criticità) i “Cedimenti Strutturali”.

La valutazione del rischio sismico all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) è un argomento interdisciplinare, complesso ed in continua evoluzione tecnica, normativa e giurisprudenziale.

Oltre all’Articolo 2087 del Codice Civile, che impone all’imprenditore di “adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”, il D.Lgs. 81/2008 prescrive che:

- Art. 17, c.1: “Il datore di lavoro deve effettuare la valutazione di tutti i rischi”;

- Art. 29, c.3: “la valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata … a seguito di infortuni significativi”;

- Art. 63, c.1: “I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell’Allegato IV”;

- Allegato IV, punto 1.1.1: “Gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro o qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro devono essere stabili e possedere una solidità che corrisponda al loro tipo d’impiego ed alle caratteristiche ambientali”;

- Art. 64, c. 1, c: “Il datore di lavoro provvede affinché i luoghi di lavoro … vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori”.

In particolare, il concetto di “stabilità e solidità” riconduce al Testo Unico per l’Edilizia (D.P.R. n. 380/01, Titolo III “Agibilità degli edifici”, Capo I, art. 24 “Certificato di agibilità”).

Per la prima volta viene introdotto il termine di “Solidità” (“Consistenza” del manufatto). Con il termine “Stabilità” si deve invece intendere la “Resistenza meccanica” nei confronti dei carichi statici e/o dinamici e dell’azione sismica, con riferimento alle verifiche di sicurezza di cui alle Norme Tecniche sulle Costruzioni. “Stabilità” e “Solidità” rappresentano “requisiti dei luoghi di lavoro” (con riferimento alla “Vulnerabilità Sismica del sistema unitario sito/edificio”) in relazione al tipo di impiego (“Norme Tecniche sulle Costruzioni”: Punto 2.3 “Valutazione della sicurezza” e Punto 2.4.2 “Classi d’uso” in presenza di azioni sismiche).

 

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L’Allegato IV (stabilità e solidità) e l’Articolo 64 (relativamente alla rapida eliminazione dei difetti che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori) del D.Lgs. 81/08 riconducono alle “Norme Tecniche per le Costruzioni”, precisamente al Punto 7 (“Progettazione per azioni sismiche”, per le opere di nuova costruzione) ed al Punto 8.7 (“Progettazione degli interventi in presenza di azioni sismiche”, per le opere esistenti).

 

Il Rischio Sismico: definizione e analisi

La tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro prevede la valutazione dei rischi, ossia, la “valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza” (Art. 2 Lett. q D.Lgs. 81/08).

La valutazione dei rischi e la conseguente elaborazione del DVR rappresentano un obbligo non delegabile del Datore di Lavoro (D.Lgs 81/08 - Articolo 17 – “Obblighi del datore di lavoro non delegabili”), che si articola in due fasi:

- una fase preliminare di osservazione (finalizzata ad individuare i pericoli ed i rischi per la salute presenti nell’azienda e che potrebbero causare infortuni e malattie professionali);

- una fase di iniziativa volta a definire le modalità per eliminare o gestire il rischio ed a fornire a tutti i soggetti coinvolti i mezzi, gli strumenti, le informazioni, la formazione e l’addestramento adeguati a tutelare la salute durante l’attività lavorativa.

Il pericolo del sisma è sempre presente

Non esiste più alcuna zona del territorio nazionale “non a rischio”. Valutare l’entità del rischio derivante dall’evento sismico presuppone una valutazione della sicurezza delle costruzioni esistenti così come prevista al Punto 8 delle Norme Tecniche (dal 1982 al 2003 sono cambiati i criteri antisismici, mentre dal 2003 al 2009 è cambiato anche il metodo di calcolo; pertanto anche le costruzioni progettate tra il 1982 e il 2009 nelle zone sismiche potrebbero non rispondere ai requisiti richiesti dalle norme attualmente vigenti).

Il rischio derivante dalla sismicità del territorio deve essere valutato e recepito nel DVR che deve contenere le apposite misure di prevenzione e di protezione attuate, i dispositivi di protezione collettivi e individuali adottati a seguito della valutazione, nonché le procedure per la concretizzazione delle misure da realizzare. La valutazione del rischio derivante da un evento sismico (ossia la misura dei danni attesi in un dato intervallo di tempo, in base al tipo di sismicità, di resistenza delle costruzioni e di antropizzazione) è determinata dalla combinazione di tre fattori: la Pericolosità (P), l’Esposizione (E) e la Vulnerabilità (V). 

R = F (P; E; V)

La Pericolosità Sismica dipende da due fattori

 

i fattori da cui dipende la pericolosità sismica

 

La Vulnerabilità e l’Esposizione sono invece definite come segue:

vulnerabilita sismica

 

 esposizione sismica

 

Considerato che il terremoto è un fenomeno naturale (il cui rischio non può essere eliminato completamente ma deve essere gestito in modo che possa essere ridotto il più possibile), il Datore di Lavoro deve utilizzare una strategia finalizzata ad limitarne gli effetti sull’ambiente e sulle persone, attuando politiche di prevenzione e riduzione del rischio, in particolare:

- misure di prevenzione finalizzate alla riduzione della vulnerabilità delle costruzioni esistenti (realizzate prima della riclassificazione sismica e della contestuale suddivisione del territorio nelle quattro zone sismiche);

- misure di protezione per la corretta gestione dell’emergenza sismica (norme comportamentali specifiche contenute nel Piano di Emergenza e Evacuazione).

 

La Fasi della Valutazione del “Rischio Sismico”

La prima fase è quella conoscitiva e ricognitiva dello stato dell’edificio (compresi gli elementi non strutturali). Tale fase si esplica attraverso la raccolta di informazioni relative, ad esempio, alle dimensioni dell’edificio, all’anno di costruzione (pre/post classificazione sismica), al progetto strutturale (materiali, dettagli costruttivi, tecnologie costruttive, ecc.), alla presenza di certificazioni (agibilità, collaudo statico, conformità sismica, ecc.), allo stato di manutenzione, alla classificazione sismica del territorio. Alla raccolta delle suddette informazioni (anagrafiche e di carattere generale), deve seguire una fase di rilevazione: il rilievo geometrico strutturale (compresa l’individuazione delle modifiche strutturali subite dall’edificio nel tempo), dei dettagli costruttivi, degli elementi non strutturali rilevanti ai fini della sicurezza (arredi, scaffalature, controsoffitti, aggetti, cornicioni, ecc.), il censimento degli impianti ed il rilievo materico (ossia l’analisi delle caratteristiche dei materiali utilizzati nella costruzione).

Segue la fase valutativa e di rilievo sullo stato di eventuali dissesti o sul degrado (con contestuale stima di eventuali vulnerabilità strutturali e non strutturali rilevanti ai fini della sicurezza). In questa fase è necessario provvede alla integrazione del DVR con la valutazione del Rischio associato al Pericolo Sismico: è indispensabile eseguire una analisi (attraverso un metodo di “input-output”) che partendo dalla classificazione dei parametri per la valutazione in termini di sicurezza (“dati di input”), evidenzia per ciascun elemento gli eventuali indicatori di vulnerabilità al fine di determinare un esito (“dato di output”) in termini di valutazione del Rischio Sismico del luogo di lavoro.

In conclusione si deve procedere alla fase programmatica (finalizzata alla pianificazione di interventi di miglioramento dei livelli di sicurezza degli elementi strutturali e non strutturali, di predisposizione di specifiche procedure di intervento in caso di emergenza sismica e di integrazione dei Piani di Emergenza). Il datore di lavoro può attuare interventi per un totale adeguamento sismico dell’immobile (generalmente molto costosi) o azioni più puntuali e circoscritte (interventi locali, miglioramento sismico), in grado di assicurare un incremento del livello di sicurezza rispetto al sisma: generalmente sono interventi che richiedono un accurato studio progettuale per individuare le criticità dell’immobile e per valutare la risposta all’azione sismica dell’edificio.

Fase conoscitiva e ricognitiva dello stato dell’edificio:

 

Fase conoscitiva e ricognitiva dello stato dell’edificio

 

Fase valutativa e di rilievo dello stato di eventuali dissesti o di degrado:

 

Fase valutativa e di rilievo dello stato di eventuali dissesti o di degrado

 

Fase programmatica:

 

Fase programmatica

 

Prevenire il rischio connesso al sisma equivale quindi a valutare il grado di vulnerabilità e di sicurezza degli edifici (sia per le parti strutturali che per quelle non strutturali) ed a programmare interventi di manutenzione periodica concepite sulla base di una serie di fattori quali la sismicità locale, le caratteristiche della struttura, la tipologia edilizia, lo stato di manutenzione, la presenza di certificazioni e l’eventuale pericolosità di elementi non strutturali.

 

Le misure di prevenzione: interventi “strutturali”

Il Comitato Regionale di Coordinamento del Veneto ha elaborato un documento che reca “Indicazioni per la stesura del Documento Standardizzato di Valutazione dei Rischi” (Dicembre 2012). Le Linee di Indirizzo si sviluppano attraverso una analisi guidata dei rischi mediante “check-list” tematiche, strutturate attraverso: identificazione, valutazione, verifica degli interventi di prevenzione, gestione del rischio residuo.

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