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SCC - Calcestruzzo autocompattante in pratica: controlli di cantiere e suggerimenti

Con questo articolo inizia la collaborazione di INGENIO con Massimiliano Berti, un tecnico del settore che coniuga la sua conoscenza e passione per il calcestruzzo attraverso la pubblicazione di un suo BLOG internazionale dal titolo "PRACTICALLY CONCRETE". Con Massimiliano riprenderemo alcuni suoi post, lo coinvolgeremo in alcuni approfondimenti, e gli chiederemo, visto che risiede in Danimarca, anche qualche informazione su come il calcestruzzo è "trattato" nei Paesi nordici.


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SELF COMPACTING CONCRETE, CONTROLLI E SUGGERIMENTI

Ricordo, in effetti ancora con un po’ di nostalgia, quando l’ SCC “fece i suoi primi timidi passi” sul mercato.

Ai miei occhi era ancora come un bambino appena nato: immaturo, volubile, incostante ma al tempo stesso decisamente affascinante.

Potrei scrivere pagine su pagine a proposito di tutti i problemi che ho dovuto affrontare e risolvere prima di poter definire una corretta e costante produzione industriale; a prescindere da quanti test facessi in laboratorio, dovevo sempre fare un sacco di aggiustamenti nel momento della produzione.

Comunque non è mia intenzione annoiarvi o diventare troppo nostalgico.

Lo scopo di questo post è condividere con voi, cari lettori, quelli che dal mio punto di vista sono i più importanti controlli da  effettuarsi in situ (e perché sono giunto a questa conclusione) e al tempo stesso evidenziare alcuni suggerimenti utili al fine di evitare problemi che posso originarsi nell’uso di SCC, specialmente per chi lo sceglie per la prima volta.

Se desiderate leggere più dettagli su SCC potete trovarne nel mio post “Self Compacting Concrete".

 

SCC: CONTROLLI IN SITU

Fondamentalmente ci sono due tipi di controllo (a mio parere): Controlli secondo le normative e controlli visivi.

Nelle normative troverete svariati tipi di controlli, ognuno volto a testare una specifica caratteristica. Certo, quando si tratta di mettere a punto una miscela o una serie di miscele, è importantissimo non saltare nessuno di questi controlli, ma quando la produzione è ormai avviata non è molto pratico e spesso neppure utile testare ogni cosa.

Alla fine dei conti, a mio avviso, 3 test normati sono davvero vitali: slump flow, J-ring and V-funnel.

 

Slump flow

Tutti quelli che hanno avuto l’opportunità di vedere SCC al lavoro sanno bene che lo slump flow test ha lo scopo di stabilire il suo grado di “fluidità”; si potrebbe quindi comparare a quello che il tradizionale slump test significa nel caso dei calcestruzzo standard: il suo scopo è determinare la “lavorabilità” di ciascun mix.

Parlare di lavorabilità nel caso di SCC è piuttosto semplicistico e non accurato dal momento che SCC E’ la lavorabilità fatta calcestruzzo, ciò nonostante esistono vari livelli di fluidità a seconda dello specifico uso a cui è destinato…e questo è il motivo per cui lo slump flow test è non solo necessario ma super importante; ogni dato “grado di fluidità” è in diretta relazione allo specifico corpo di fabbrica da realizzarsi.

Ripetere spesso questo test durante il getto aiuta a verificare la costanza delle forniture. Lo slump flow test permette anche alcuni interessanti controlli visivi, ma di questo tornerò a parlarne a breve.

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J-ring

E’ un test simile allo slump flow test ma la presenza del J-ring aiuta a valutare l’abilità di SCC di scorrere in presenza di ferri di armatura. 5 cm. di massima differenza rispetto al test senza il j-ring è considerato un valore accettabile.

Mantenere questo valore monitorato durante le fasi di getto permette di valutare la costanza delle forniture ed eventualmente dirottare il calcestruzzo con valori difformi in aree della struttura con minor presenza di ferri di armatura.

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V-funnel

Questo test serve per determinare la capacità di SCC di scorrere attraverso restringimenti di sezione ed anche di valutare la tendenza alla segregazione. Talvolta durante la produzione industriale di SCC qualcosa può inaspettatamente cambiare ed anche se lo slump flow test e il J-ring test continuano a fornire dati piuttosto costanti, è possibile vedere un’indesiderata tendenza dell’aggregato grosso a collassare.

E’ saggio ripetere il V-funnel test tre o più volte durante il getto a seconda delle dimensioni del corpo di fabbrica da realizzare.

Alcuni controlli visivi servono a ”percepire” meglio il comportamento di SCC. Quando ad esempio viene eseguito lo slump flow test (per favore sollevate il cono lentamente!!!) bisogna controllare la velocità dello spandimento. Uno spandimento troppo veloce indicherà che il mix avrà una tendenza alla segregazione, quindi il V-funnel test dovrebbe essere il passo successivo, mentre uno scorrimento troppo lento è il segno di probabili problemi reologici in presenza di ferri di armatura (il J-ring test dovrebbe essere eseguito immediatamente). Quando lo scorrimento sul piatto è terminato, controllare la circonferenza al fine di

verificare l’omogeneità della miscela: tutti i componenti devono trovarsi sul bordo esterno e non solo la pasta o peggio ancora acqua in eccesso (SCC sta segregando). Fatto questo si può passare al “Test di Mosè”…no, non si tratta di aprire il mar rosso in due, ma semplicemente di “aprire la focaccia” di calcestruzzo; se si richiude da sola completamente questo significa con buona approssimazione che SCC sta lavorando bene!

 

Self Compacting Concrete – Suggerimenti rapidi

Non costipate MAI SCC! E’ scontato no?...bè, certo che lo è! MA, che dire di camminarci sopra, rifinirne la superficie, martellare le casseforme?

Tutte queste “operazioni” costipano il calcestruzzo, o piuttosto, sarebbe più corretto dire che “disturbano l’equilibrio sottile” fra il “trasportatore” (la pasta) e il “trasportato” (l’aggregato grosso) con le naturali conseguenze di segregazione interna, bleeding superficiale, ritiro e talvolta nidi di ghiaia.

E’ preferibile l’utilizzo della betonpompa per gettare SCC perché la sua azione enfatizza il suo scorrimento senza creare fenomeni di segregazione. Quando vengono gettate strutture orizzontali non pompate MAI tutto il calcestruzzo su un unico punto di scarico, piuttosto SCC va pompato con movimenti radiali del braccio della pompa così da evitare che l’aggregato grosso venga trasportato per distanze eccessive il che condurrebbe ad una naturale segregazione della miscela negli strati più esterni del getto. E’ buona norma usare la pompa anche per i getti verticali e, laddove possibile, preferire il getto “al contrario” dal basso verso l’alto, che aumenta la capacità di SCC di espellere l’aria in eccesso. Specifiche flange sono progettate per questo scopo.

Tutte le casseforme devono essere accuratamente controllate al fine di individuare fori e/o discontinuità dove SCC potrebbe insinuarsi col concreto rischio di un improvviso e quasi irrecuperabile apertura o rottura delle cassaforma durante il getto stesso; se i fori o le discontinuità non sono molto grandi, della semplice schiuma poliuretanica può essere usata con successo.

I controventamenti vanno comunque incrementati a motivo della forte spinta che SCC esercita sui casseri (in paragone con calcestruzzi superfluidi) specialmente negli angoli, la parte più vulnerabile dell’elemento.

La corretta stagionatura (vedi il mio post "La stagionatura del calcestruzzo") è ancora più importante nel caso di SCC rispetto ai calcestruzzi tradizionali, in quanto, a motivo del suo limitato bleeding (il che è una buona cosa) l’evaporazione superficiale dell’acqua risulta essere molto più rapida rispetto agli altri tipi di calcestruzzo.

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