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Obiettivo emissioni zero nel 2050. Dal 2035 non si venderanno più cemento o calcestruzzo in Europa.

“Carbon neutrality” entro il 2050 e “Fit for 55”entro il 2030. Sono due sfide di cui la filiera non sta cogliendo l’importanza. Ovvero, parte gran parte della filiera, perchè i produttori di cemento e alcuni, pochissimi, produttori di calcestruzzo e additivi, ne hanno compreso la gravità.

“Carbon neutrality” entro il 2050 e  “Fit for 55”entro il 2030. Sono due sfide di cui la filiera non sta cogliendo l’importanza.

Ovvero, parte gran parte della filiera, perchè i produttori di cemento e alcuni, pochissimi, produttori di calcestruzzo e additivi, ne hanno compreso la gravità.

 


Dal 2035 non più auto a benzina o gasolio. 

Immaginate cosa abbia pensato Ben van Beurden, CEO della SHELL quando ha sentito questa frase. Immagine pure cosa abbia provato Marco Rossi, il benzinaio presso cui mi rifornisco, quando ha sentito la stessa frase. Immagine anche cosa abbia provato Pinco Pallino, l'autista del camion che porta il carburante al benzinaio presso cui mi rifornisco, quando ha sentito la stessa frase. Immagine poi cosa abbia provato Paolo Verdi, il meccanico presso cui mi rivolgo per il tagliando della mia macchina, quando ha sentito la stessa frase.

Mettetevi nei loro panni. Produttori di cemento, di calcestruzzo, di additivi, di fibre, di armature, di calcare, di macchine movimento terra, di impianti di betonaggio, di ricambi, ... tecnici e commerciali che lavorate nelle aziende di questa filiera ...

E poi pensate "se la Ursula Gertrud von der Leyen pronunciasse la stessa frase in riguardo al nostro settore: “Dal 2035 non si venderanno più cemento o calcestruzzo in Europa.”

Ne saremmo davvero sorpresi ?

Se l’Europa non ha paura a mettersi contro i grandi produttori di petrolio, se gran parte dei paesi europei prevedono che i nuovi edifici non possano avere caldaie a gas, non ci sarebbe da stupirsi che la Commissione possa prendere provvedimenti radicali anche sul nostro settore, che è responsabile di circa l'8% della CO2 antropica prodotta nel mondo.

Quale la soluzione adottare ? siamo senza speranza ?

No, non siamo senza speranza. Ma occorre muoversi per tempo, dimostrando da un lato le qualità delle soluzioni e prodotti a base cementizia e al tempo stesso la loro insostituibilità nelle costruzioni, ma ovviamente innescando un percorso forte, condiviso, verso la sostenibilità da parte di tutta la filiera, per dimostrare a chi ci governa che vi è una volontà concreta per un'evoluzione green.

Anche perchè gli obiettivi fissati dalla Commissione Europea sono ambiziosi e difficili da raggiungere per chiunque, in particolare per le industrie energifore. 

Un’analisi generale strategica delle soluzioni evidenzia come la riduzione del bilancio sulla CO2 per la produzione del cemento dipenda fortemente da fattori esterni, come per esempio l’evoluzione della produzione di idrogeno ai fini energetici, la realizzazione di infrastrutture collegato all’uso di queste fonti sostenibili, la creazione di sistemi di stoccaggio della CO2, di cui solo su alcuni si può incidere, per esempio per l’approvazione di una normativa che semplifichi il processo di uso dei CSS ... 

Una parte importante di riduzione della carbon foot print del settore dipende però anche da fattori tecnologici.

Per esempio il riuso di materiali da demolizione nel ciclo del cemento e del calcestruzzo, la produzione ed uso di cementi di miscela a basso contenuto di clinker, una prescrizione più mirata dei calcestruzzi, privilegiando la qualità (calcestruzzi ad altre prestazioni) rispetto alla quantità.

 

Necessaria un’evoluzione normativa tecnica

I cementi di miscela hanno prestazioni e caratteristiche spesso diverse da quelle di un cemento ad alto tenore di clinker.

Per esempio, un cemento pozzolanico a basso tenore di clinker ha quasi sempre uno sviluppo iniziale delle resistenze più distribuito nel tempo, e questo può essere un valore aggiunto per la realizzazione di molte tipologie di opere. Appare quindi  chiaro che il requisito della misurazione della resistenza a 28 giorni per un calcestruzzo sostenibile del futuro sia inadeguata, e si debba passare a requisiti che prevedano tempi di accettazione più lunghi, per  esempio 56 giorni. E poichè non si possono aspettare due mesi per verificare la qualità di un calcestruzzo messo in opera, si dovranno considerare la necessità di definire per ogni prodotto delle schede che forniscano le curve di resistenza, in modo che si possa anticipare una preverifica delle prestazioni.

Tutto questo richiede una modifica delle norme tecniche nazionali e delle norme di prova.


A dire il vero non ho la sensazione che vi sia una adeguata sensibilità su questo problema. La presenza dei tecnici delle aziende nelle commissioni UNI è scarsa, la conoscenza da parte dei tecnici del settore delle Norme Tecniche delle Costruzioni è limitatissima, la collaborazione con le due associazioni culturali di settore (AICAP e CTE) troppo blanda, e pochi sono i tecnici che partecipano agli eventi di qieste associazioni  ... ma anche la disponibilità a pubblicare articoli tecnici sul mio portale, che ha il pregio di superare le 50.000 visite al giorno, è praticamente assente.


Le norme poi dovranno entrare più nel merito delle tecnologie disponibili e nell’indicazione dei parametri da inserire a progetto e nel capitolato in relazione al calcestruzzo.

Per esempio quando si parla di opere marittime, in cui la durabilità è il requisito fondamentale, e in cui l’uso di cementi di miscela può essere un valore aggiunto enorme, si dovrà avere il coraggio e la competenza per dare indicazioni più precise e definite in modo che il committente e il progettista sia vincolato a prevedere prodotti adeguati.

 

Il calcestruzzo costerà molto di più

Il calcestruzzo non potrà che costare molto di più. 

Il cemento infatti non potrà che costare molto di più, a causa di tutti gli investimenti da fare per la conversione dei processi produttivi, per l’uso di materie prime seconde, per l’acquisto di quote di CO2 equivalenti. Gli additivi costeranno di più perchè le materie prime utilizzate rientrano spesso tra i prodotti delle industrie petrolifere o della chimica di base, soggette quindi a quegli investimenti sulla riduzione della CO2. Le fibre polimeriche e metalliche per le stesse ragioni (così come le armature) avranno costi maggiori. L’uso di aggregati di riciclo porterà  alle stesse conseguenze non solo per il costo del materiale ma anche per la necessità di aumentare la frequenza dei controlli e di aggiornamento dei mix design.

Gli stessi impianti di betonaggio dovranno evolversi, per poter utilizzare più materie prime rispetto  quelle impiegate oggi. Per esempio per lo stoccaggio e dosaggio degli aggregati di riciclo, per l’uso di additivi speciali in grado di poter funzionare anche in presenza dei suddetti aggregati di riciclo, per l’uso di più cementi.

Ci dovrà essere una presenza più forte di figure tecniche, anche nell’area commerciale, perchè la vendita di prodotti speciali richiederà una maggiore preparazione di chi dovrà proporre queste soluzioni al mercato, e una maggiore attività di controllo.

Si tratterà di investimenti che porteranno a una modifica della struttura del mercato, perchè difficilmente sostenibili da piccole aziende monoimpianto. 

A mio parere chi vuole pensare al proprio futuro deve entrare in un’ottica di fare sistema e in cui la variabile sconto sarà meno importante rispetto ad altri parametri.

 

Investire su ricerca 

Attenzione, il mercato non recepirà facilmente questo aumento di costi. Se un pilastro in calcestruzzo costerà di più valuterà se usare materiali e tecnologie costruttive diverse.

Per questo sarà necessario come filiera, studiare le soluzioni a 360°, che potranno prevedere anche tecniche costruttive miste in cui l'uso del calcestruzzo viene abbinato all'uso di altri materiali e tecnologie.

Si legga l'articolo "Progetto di ponti: un nuovo design per dimezzare la produzione di CO2" in cui l'abbinamento tra calcestruzzo e acciaio, ognuno per le proprie funzioni e qualità, porta ad un abbattimento del 50% della Carbon Foot Print dell'opera. Ricorda quanto accaduto per il ponte San Giorgio.

La filiera dovrebbe investire su una ricerca mirata a studiare i punti deboli del calcestruzzo, per comprendere da un lato se ci sono "soluzioni interne" evolute per poter rispondere in modo adeguato alle richieste del mercato, un po' come si è fatto con le malte da ripristino strutturale ad alte prestazioni, e dall'altro se ci sono soluzioni innovative dal punto di vista progettuale che possono portare all'uso di prodotti cementizi.

Richiamo un esempo che ho già pubblicato più volte: i calcestruzzi fibrorinforzati. Ad oggi il loro uso nelle strutture - escludendo lo spritz beton, i manufatti prefabbricati e i pavimenti industriali - è molto limitato. Questo accade soprattutto per un problema normativo. Si dovrebbe accellerare su una regolamentazione che ne consentisse un uso più semplice, e sulla definizione normativa di adeguati modelli di calcolo.

Su questo punto filiera e università dovrebbero frequentarsi di più.


FEDERBETON impegnata sul tema della sostenibilitàFederbeton, impegno concreto sul tema

Federbeton, la federazione che rappresenta nel sistema di confindustria l'intera filiera, sta portando avanti un'azione importante, con investimenti significativi, su questo fronte.

Studi e ricerche, commissioni di lavoro, lobby politica, confronti, iniziative sul territorio, campagne di comunicazione ... e sempre più è focalizzata nel coinvolgimento di tutti gli operatori.

Questo sforzo deve essere acquisito e condiviso da tutti, e con maggiore consapevolezza, anche dalla base di ogni comparto. Sono ancora troppe le aziende che voglio stare fuori dal sistema, con scuse personalistiche ed obsolete non entrano nelle Associazioni, non partecipano, e quindi dimenticandosi che si parla del loro futuro si disinteressano e non crescono in termini di sostenibilità creando il rischio che questo intenso sforzo in termini di risorse economiche e umane possa non essere efficace. Si deve comprendere che se non sarà "messo a terra" da tutti gli interlocutori difficilmente si otterranno risultati concreti.

Con una Federbeton così attiva non è più il momento per domandarsi cosa la federazione, e le associazioni collegate, può fare per ognuno di noi, ma cosa ognuno di noi può fare nelle associazioni e nella federazione.


Preparare il mercato

Oltre ad adeguare le norme e la struttura dell’offerta, occorrerà insistere sulla formazione della domanda, ovvero di chi progetta (committente e impresa di fatto dipendono da quanto indicato a progetto).

Troppo spesso sento dire la frase "il progettista non si preoccupi di come deve essere fatto il calcestruzzo per la sua opera, ci pensiamo noi". Non sono d'accordo. Il progettista non è un calcolatore. Il progettista è colui che dovendo tenere conto delle prescrizioni di legge e di norma, di quanto previsto a capitolato, di quanto richiesto dal committente, della destinazione d'uso, del contesto in cui si dovrà costruire, delle problematiche e dei tempi di costruzione, dei dettami degli altri professionisti con cui deve collaborare ... deve individuare la soluzione progettuale più adeguata, di cui il calcolo sarà poi uno degli elementi. E il progettista, che è colui che mettendo la propria firma sul progetto tende a fare scelte conservative per avere adeguata fiducia di non giocarsi il proprio patrimonio, baserà le sue valutazioni sul grado di conoscenza delle soluzioni che ha. Il progettista quindi si preoccuperà sempre, e se non adeguamente  coinvolto sceglierà le soluzioni tradizionali che le norme gli consentono di usare, se informato e coinvolto potrà scegliere le soluzioni migliori, anche dal punto di vista della sostenibilità.

Questo processo ovviamente richiede un approccio diverso alla produzione del calcestruzzo.

Chi produce Calcestruzzo dovrà confrontarsi di più con chi fornisce il Cemento, gli Additivi, le aggiunte, le fibre, ... per poter arrivare a porte fornire prodotti le cui prestazioni sono ottimizzate per le distinte destinazioni d’uso, e in cui il parametro della sostenibilità è considerato così come oggi si considera rapporto acqua/cemento e resistenza meccanica.

Non vorrei sembrare ripetitivo ma è necessario che la filiera si faccia carico di un “nuovo progetto concrete” mirato ad aggiornare i professionisti sui temi dei calcestruzzi sostenibili e quindi che da un lato li aiuti a una prescrizione di prodotti con cementi di miscela, e dall’altro a scegliere quelle soluzioni innovative che possono, sulla base di un migliore rapporto prestazionale, portare a scelte più durevoli, green ed efficaci.

 

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Un impegno di tutti

La drammaticità della frase che ho voluto adottare come titolo deve far capire che si tratta di una scelta ineludibile che deve essere fatta da tutti: nel fare sistema, nel migliorare i propri processi produttivi, nel partecipare a un aggiornamento normativo, nel sostenere un piano di informazione dei tecnici, nel cambiare il proprio approccio al mercato.

Ma anche sotto il profilo della comunicazione e dell’immagine. 

Tutti coloro che operano nella filiera si saranno accorti della forte campagna che Federbeton sta compiendo sui social per qualificare l’immagine del cemento e del calcestruzzo.

Ma questi investimenti vengono di fatto vanificati se chi opera a valle, ovvero chi produce calcestruzzo, non investe in modo adeguato sulla sua immagine e sulla sua sostenibilità. Un’autobetoniera sporca che gira per le strade vanifica qualsiasi tweet in cui si vede lo stesso mezzo pulito, un impianto arrugginito e senza barriere per la polvere pesa più di qualsiasi post su linkedin, una distesa di cubetti finti sul piazzale rende inutile qualsiasi blog firmato da un tecnico del settore.

Occorre un IMPEGNO CONCRETO da parte di tutti.

Ognuno ci deve mettere la faccia, è finito il tempo in cui ci si poteva permettere di scaricare la colpa sulle altri parti di filiera, non ci si può permettere più il lusso di essere guidati da scelte aziendali o associative che partendo da posizioni di principio, spesso su basi personalistiche, che hanno impedito e impediscono ancora oggi la possibilitò di giocarsi ogni possibile carta per il futuro.

Sono in questa filiera dal 1984, e da allora che sento dire all'interno di questo mondo frasi come "la colpa è dei cementieri", "i produttori di calcestruzzo sono troppi", "ci vorrebbe una norma", "gli additivi servono per ridurrre il cemento", "le ceneri volanti non vanno nel calcestruzzo" ... è giunta l'ora di collaborare, eliminare le barriere ideologiche.  

Con l'obiettivo comune di non sentire mai Ursula Gertrud von der Leyen pronunciare la frase maledetta: “Dal 2035 non si venderanno più cemento o calcestruzzo in Europa.”