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Cemento: Colacem spegne i forni di Ghigiano a Gubbio

19 agosto 2021, Gubbio: Colacem - uno degli storici gruppi produttori di cemento italiani presenti in varie parti del mondo - ha comunicato lo spegnimento dei forni di Ghigiano (Gubbio), almeno fino a fine anno.

Lo stop è scattato il 18 agosto e la decisione è stata presa - come si ritrova sulla stampa di oggi - per l’impossibilità di utilizzare Css e quindi di diminuire le emissioni di Co2. Questo avviene a distanza di pochi mesi dalla decisione di chiudere anche lo stabilimento di Spoleto.

Nel maggio scorso la Regione aveva richiesto la procedura di Via (valutazione di impatto ambientale) al fine di valutare i possibili effetti sulla salute della popolazione interessata in relazione alle modifiche che Colacem vorrebbe apportare all’impianto di produzione e in cui sono occupati tanti lavoratori del circondario.

Ma non si tratta di una decisione non aspettata. 

Emanuela Mori, coordinatrice provinciale di Italia Viva,  ha espresso grande preoccupazione «sulla situazione economica eugubina" evidenziando che ciò che sta accadendo «non è certo un fulmine a ciel sereno, perché – dice – da molto tempo la Colacem aveva evidenziato all’amministrazione comunale e regionale questa potenziale decisione, collegata all’impossibilità di mantenere l’attuale livello occupazionale e produttivo, di fronte alla rigidità istituzionale manifestata soprattutto da parte del Comune di Gubbio». Secondo Mori «la crisi può innescare un effetto domino, anche nei confronti di tutto l’indotto collegato alla Colacem, mettendo quindi a rischio centinaia di posti di lavoro in un contesto territoriale già fortemente provato da altre crisi industriali. Quindi si invita la Regione a farsi capofila per far sedere attorno a un tavolo gli imprenditori e l’amministrazione comunale affinché le decisioni da prendere non siano basate solo sul pressappochismo di alcuni e sulle furbate politiche di altri».

La querelle tra Colacem e il sindaco di Gubbio sull'uso dei CSS nella produzione del cemento è nota infatti anche al di fuori del territorio umbro, perchè rappresenta un problema importante diffuso su gran parte del territorio nazionale. 

 

L'uso dei CSS nel cemento: una soluzione nel mondo, un problema per alcuni sindaci italiani

C'è una sentenza internazionale, quella della Corte Superiore di Giustizia Europea (V Sezione) del 13 febbraio 2003 - Caso C-228/00 che stabilisce che l'utilizzo di rifiuti come combustibile nei forni da cemento deve essere classificato come attività di recupero.

Alcuni degli ultimi dati disponibili (2011) evidenziano che la media Europea di sostituzione di combustibili tradizionali con combustibili alternativi si attesta al 30% superan-do in alcuni Stati anche il 60%. A livello di singolo impianto esistono oggi in Europa cementerie che hanno raggiunto un livello pari al 100% sostituendo integralmente i combustibili fossili con i combustibili alternativi. L'industria italiana del cemento potrebbe realizzare percentuali di sostituzione simili o superiori a quelle degli altri paesi, in tutta sicurezza. Dall’attuale 10% di sostituzione termica, l'insieme delle cementerie italiane sarebbe tecnologicamente in grado di arrivare a livelli del 60%, valore almeno confrontabile a quello tedesco.

I CSS sono una risorsa, usiamola

Al di là degli aspetti normativi che lo regolamentano, dal punto di vista tecnico e pratico non è corretto definire il Combustibile Solido Secondario (CSS) semplicemente un rifiuto. Tale combustibile, infatti, deriva da una serie di particolari trattamenti fisici e meccanici del rifiuto solido urbano indifferenziato (RSU), che avvengono a valle della raccolta differenziata, accrescendone il valore e rendendone possibile un impiego, quale apportatore di calorie in un sistema di combustione, il cui scopo non è l’incenerimento di un rifiuto, ma la fabbricazione di un prodotto (cemento). Tanto ne consente un utilizzo, che è alternativo allo smaltimento in discarica e all'incenerimento e sfrutta un processo di combustione comunque esistente con finalità produttive.

Dal punto di vista normativo, poi, a seguito dei suddetti trattamenti, nel rispetto di talune rigorose condizioni dettate dal D.M. n. 22 del 14 febbraio 2013, il rifiuto così recuperato cessa di essere tale ed è riconosciuto come prodotto combustibile alla stregua dell’Allegato X della Parte Quinta del D.Lgs 152/2006. In tali casi, è quindi la lavorazione effettuata sul rifiuto che ne determina la trasformazione in un prodotto.

L’utilizzo del CSS è previsto dalle migliori tecnologie disponibili (MTD) di settore e rispetta la gerarchia UE dei rifiuti, si colloca a valle del riciclo e del recupero di materia imponendo il recupero energetico, prima dello smaltimento in discarica. 


L’uso di residui nel ciclo di produzione del cemento è una soluzione win-win-win

"Il recupero di materia ed energia dai rifiuti civili e industriali nell'industria del cemento (co-processing) rappresenta un'alternativa ottimale nella gestione integrata dei rifiuti: è una soluzione sicura per la collettività, l'ambiente e l'industria, che consente di risparmiare risorse naturali non rinnovabili e recuperare rifiuti in condizioni estremamente controllate.

L'utilizzo di combustibili alternativi riduce la dipendenza dai combustibili fossili primari e, allo stesso tempo, contribuisce alla riduzione delle emissioni.

L'utilizzo dei rifiuti in sostituzione delle materie prime offre numerosi benefici, oltre ad una riduzione dello sfruttamento dei giacimenti naturali e una riduzione dell'impronta ambientale dell'attività estrattiva. L'utilizzo di materiali alternativi in sostituzione parziale del clinker è un esempio di contributo positivo dell'industria europea del cemento alla gestione delle risorse naturali."

Fonte AITEC

E va sottolineato che la produzione di CSS non contrasta con la raccolta differenziata in quanto il CSS è prodotto a valle della stessa, primariamente a partire dalla quota di rifiuti indifferenziati opportunamente trattati.

Inoltre, per poter  essere impiegato come combustibile in cementeria, il CSS non deve contenere materiali, quali, ad esempio, il vetro, l’alluminio o la plastica contenente elevati valori di cloro (presenti ad esempio nel PVC), che potrebbero contribuire a generare intasamenti in alcune parti di impianto durante il processo produttivo. Questi materiali restano, dunque, destinati al recupero di materia.

L’utilizzo di questa frazione di rifiuti indifferenziati per produrre CSS, permette quindi un evidente minimizzazione della quantità di rifiuti conferiti in discarica e consente la valorizzazione di materiali non più riciclabili.

Una tesi di Laurea coordinata dalla Professoressa Bonoli dell'Università di Bologna dimostra che sia economicamente conveniente la possibilità di utilizzare CSS come co-combustibile per una percentuale compresa tre il 30% e il 45% del combustibile totale necessario al ciclo produttivo. Per una stima basata sul 50% della capacità produttiva massima i vantaggi risultano enormi:

  • dal punto di vista economico si abbatterebbero del 10% i costi totali;
  • dal punto di vista ambientale le emissioni sarebbero dimezzate, in quanto la CO2 prodotta da un eventuale discarica e da un inceneritore/termovalorizzatore sarebbero concentrate nella sola cementeria, di fatto non influendo in modo negativo sull’ambiente;
  • dal punto di vista sociale ci sarebbe una crescita che farebbe avvicinare l’Italia ai paesi più virtuosi del nord Europa come Germania, Paesi Bassi, Svezia e Austria.

 

I cementifici sono già pronti, anche per ridurre la CO2

E l'utilizzo dei CSS in impianti di produzione di cemento non crea problemi all'ambiente. Lo dimostra anche una recente delibera (XI/4344 del 22 febbraio 2021) della Giunta Regionale della Lombardia che ha approvato alcuni indirizzi in materia di utilizzo di CSS (combustibile solido secondario) nei cementifici. In particolare la delibera chiarisce che, in assenza di un aumento di capacità produttiva, i cementifici, già autorizzati al coincenerimento, che richiedano l’incremento di utilizzo di CSS in sostituzione di altro combustibile rientrano nelle casistiche di modifiche non sostanziali che non comportano l’aggiornamento dell’atto autorizzatorio (AIA).

C'è uno studio importante del "Comitato di Vigilanza e Controllo" costituito nel 2013 come previsto dall’art. 15 del Decreto Ministeriale 14/2/2013, n.22come "Rapporto sull’applicazione del DM 14 febbraio 2013, n. 22" proprio sull'uso dei CSS.

Ecco quanto scrive:

"In merito all’utilizzo del CSSc in cementifici si sottolinea un aspetto importante relativo agli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas climalteranti in ossequio ai recenti target al 2030 della UE. L'assegnazione delle quote di CO2 per il settore cemento è basata sui livelli di attività storica (produzione di clinker) moltiplicata per un fattore di emissione di benchmark. Per le assegnazioni 2021-2025 il livello di attività storico è la media delle produzioni di clinker per gli anni 2014-2018, mentre per le assegnazioni 2026-2030, sarà la media delle produzioni di clinker 2019-2023. Il fattore di benchmark è la media aritmetica del 10% dei impianti europei più performanti in termini di emissioni di CO2 (best performers) ed è stato definito a livello europeo pari a 693 kgCO2/t clinker per il periodo 2021-2025, mentre per gli impianti italiani oggi si attesta tra 750 e 845 kg CO2/t di clinker.

Questo fattore di emissione è composto da due addendi, di cui il primo è incomprimibile e poco variabile a livello europeo da impianto ad impianto. Esso è relativo alle emissioni di CO2 dovute alla decomposizione dei carbonati pari a 510-525 kg CO2/t di clinker. Il secondo addendo, dovuto alle emissioni dei combustibili fossili, per il nostro Paese è pari a 240-320 kg/t di clinker essendo, invece, il valore di benchmark europeo pari a 170 kg CO2/t di clinker. È evidente che questo valore sia basato su un mixing di combustibili dove prevalgono combustibili non fossili, ivi incluso il CSSc. Si ricorda che il fattore di emissione relativo alla combustione di carbone coke è circa di 3.100 t CO2/t.

L’utilizzo di combustibili alternativi contenenti biomassa è il principale mezzo a disposizione dell’industria del cemento per abbattere le proprie emissioni di CO2.

Da stime FEDERBETON, Il potenziale di risparmio di risorse fossili attraverso la biomassa contenuta nei CSSc è quantificabile in oltre 150.000 TEP all'anno, ipotizzati sulla base del raggiungimento di un tasso di sostituzione dei combustibili fossile analogo a quello del settore cemento in Germania e ipotizzando una percentuale di biomassa media per i CSSc del 30% ed a parità dei consumi termici complessivi del settore.

Gli impianti italiani sono tecnologicamente attrezzati a raggiungere i livelli di utilizzo di combustibili alternativi dei propri competitor Europei, ma incontrano ostacoli nel loro utilizzo sia a causa del mancato rilascio delle autorizzazioni sia nella difficoltà di uso del CSSc anche laddove le autorizzazioni siano state rilasciate cosicché il tasso di sostituzione dei CSSc in Italia è stato prossimo allo 0% fino al 2019. Si osserva, tuttavia, che nel 2020 si è registrata una timida crescita nell’uso di CSSc."

E aggiunge "Questa relazione, perciò, può essere utile agli Enti competenti per la pianificazione e la programmazione nei settori dei rifiuti e dell’energia, ai fini della verifica del conseguimento degli obiettivi di riciclaggio dei rifiuti e in particolare alla minimizzazione dell’uso di combustibili fossili ai fini di un’auspicabile autosufficienza energetica conseguibile per alcuni settori cui il CSSc è per vocazione destinato, come i cementifici, nonché utile a fornire indicazioni sugli impianti che già utilizzano CSSc."

E per quanto riguarda le pubbliche amministrazioni locali "Il Comitato ha, inoltre, predisposto la documentazione per la realizzazione della pagina WEB inserita nel sito del MATTM per divulgare una corretta informazione sul CSS Combustibile e documentare le attività del Comitato. Si ritiene che questo sia uno strumento importante di supporto alle Autorità competenti, ai portatori d’interessi nonché ai cittadini per chiarire i dubbi ricorrenti sull’impatto ambientale degli impianti di produzione e di utilizzo del CSSc. Negli ultimi anni, peraltro, si è consolidata l’esigenza di restituire all’industria cementiera italiana competitività internazionale progressivamente perduta considerando il crescente ricorso all’uso di combustibili non convenzionali negli altri Paesi."

 

Non si comprende l'ostruzionismo della PA

Di fronte quindi ai numerosi studi internazionali che evidenziano come l'utilizzo di CSS alle alte temperature dei forni del cemento non creino problemi di tipo ambientale, ai dati che dimostrano che si può avere un migliore bilancio sulla CO2, all'evidenza che con il costo attuale delle quote di CO2 equivalente non sia pià sostenibile da un punto di vista economico la produzione di cemento nel nostro Paese, che il Cemento è una risorsa non sostituibile per le costruzioni oggi ancora prodotta a chilometro zero e quindi una risorsa anche per il lavoro locale, e che l'uso dei CSS nel ciclo del cemento risolve anche un problema di stoccaggio dei rifiuti ... no si comprendono queste battaglie di alcune amministrazioni locali - ben descritte dalle logiche NIMBY - di contrasto a una evoluzione tecnologica e sostenibile che consentirebbe al nostro Paese di mantenere una indipendenza produttiva su un prodotto strategico.

E il risultato lo stiamo vedendo proprio in Umbria. 

Posso solo immaginare quando sia stata sofferta per la famiglia Colaiacovo questa doppia decisione su Gubbio e Spoleto. Perchè infatti riguarda il proprio territorio, a cui la famiglia eugubina ha sempre dedicato un'attenzione di appartenenza fortissima attraverso non solo le attività collegate al cemento, ma il coinvolgimento nel distretto finanziario, agroalimentare, turistico e di salvaguardia delle trazioni locali, per non parlare del supporto dato nel momento più critico della pandemia.