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Parliamo di incidenti sul lavoro

Riflessioni aperte dell'ing. Roberto Rinaldi sulle ultime morti sul lavoro.

Volevo scrivere questo articolo diversi giorni fa, ma come capita alla mia età spesso si lascia perdere, perché non si ha più voglia di esprimersi.

Lo scrivo, allora, oggi con grande amarezza, perché le Autorità dello Stato, Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio sono anch’essi amareggiati e portano la loro vicinanza (sia ben chiaro sulla loro sincerità non ho dubbi).

Riporto due commenti sintetici presi dalla stampa o conferenza stampa sulle proposte risolutive (il Presidente Mattarella: "Lo Stato tuteli la salute e la sicurezza, le leggi ci sono") (il Presidente Draghi: "Pene più severe e collaborazione in fabbrica").

 

E’ questo il contesto risolutore o continuiamo sempre nel solito giro vizioso?

Mi siano concesse, provo a fare due disgressioni dolorose.

Rimango sempre molto colpito dagli incidenti per asfissia. Fra fine settembre e primi di ottobre sono morte 2 persone a Milano, 4 in Calabria (Paola, anche se il contesto non era proprio lavorativo) e 1 in Puglia (Andria, forse la caduta dentro la vasca del mosto era dovuta alle esalazioni).

Se andiamo neanche tanto lontano si trova che questi incidenti non sono poi rarissimi (a riguardo scrissi nel 2019 un articolo su un incidente mortale all’archivio di Stato di Arezzo) ricordo anche un incidente l’anno scorso vicino a Milano, nel tentativo di riparazione di una pompa. Drammatico, uno si è sentito male e il collega inesperto ha tentato di salvarlo, ma non riuscendo è risalito per chiamare il titolare e durante la chiamata è morto.

Molta amarezza, perché con tutta probabilità se le vittime avessero avuto un apparecchietto denominato gas-alarm sarebbero ancora vive. Una volta i minatori si portavano la gabbietta con un uccellino, oggi la tecnologia ci aiuta in altro modo.

Attenzione stiamo parlando di un apparecchio portatile della grandezza di uno smartphone, del costo di uno smartphone di fascia medio-bassa e senz’altro meno complicato di uno smartphone.

 

Forse serve più informazione e cultura della sicurezza?

L’altro giorno a Lavarone in provincia di Trento è caduto un operaio dall’impalcatura di una casa in costruzione. Un uomo di 61 anni di origine Rumena, residente da tempo in Italia, dipendente di una società cooperativa veneta. L’uomo abitante in un paese del Padovano faceva 2 ore di automobile, ogni giorno, per recarsi al lavoro ed altrettante per rientrare. Capisco che per una persona che fa un lavoro d’ufficio o analogo, sia concepibile anche fare un trasferimento del genere, lo trovo inconcepibile (anche se purtroppo non è raro) per un’attività di alto rischio come quella di un lavoro su un ponteggio. Non è stress lavoro-correlato, ma pur sempre stress, anche se per me sarebbe sempre lo stesso visto che l’itinere viene considerato lavoro (tragici giochi di parole). Ma perché una persona deve sottoporsi, perdendo lucidità, a un rischio ulteriore per lavorare?

Per le Autorità dello Stato il rimedio è quello accennato sopra? per me, povero verme della terra, assolutamente NO.

Se ha ragione il Presidente Mattarella che le Leggi ci sono, però il fatto che la Legge tutela la salute e la sicurezza è ben sancito dalla Costituzione per cui…? Pene più severe, ma anche quelle ci sono già…e allora?

Di sicurezza sul lavoro me ne occupo a vario titolo dal 1981. Per narrazione (mi scuso per l’imprecisione, ma è narrazione), a quel tempo si stava vivendo una variazione emblematica nella pubblica amministrazione, il DPR 382/1975 aveva stabilito lo scioglimento di un Ente (solita solfa purtroppo si taglia e basta) cioè l’ENPI o ente nazionale prevenzione infortuni con attribuzione delle sue funzioni al servizio sanitario nazionale (USL/ASL) quindi anche decentrato su base regionale. Nel 1984 (tanto per dire 1975 dietro l’angolo) frequentando un corso di antinfortunistica al Politecnico di Torino ho parlato con alcuni ingegneri, insegnanti, molto validi dell’ENPI raccogliendo la loro tristezza per una riforma ancora in itinere, difficoltosa e irridente della loro professionalità. Comunque tutti che io sappia si sono cercati un’altra occupazione non volendo entrare nel sistema Sanitario nazionale tra l’altro anch’esso sotto riforma del 1978. Anni di disservizio e perdita di professionalità! 

Si è capita la lezione. Forse? DL 78/2010 l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro ISPESL viene soppresso e le sue funzioni vengono incorporate nell’INAIL.

Lenzuolate anche queste? (a ricordo anche per altri versi, altre lenzuolate, Bersani, Monti, Renzi (quest’ultimo in riferimento al Magistrato alle acque di Venezia o alla soppressione delle Provincie) viva la politica un tanto al chilo) Lenzuolate sopra gli Enti inutili e purtroppo anche sopra i morti! 

La burocrazia ci salverà? Leggevo, ma purtroppo non trovo l’articolo, che la dirigenza nei dipartimenti di prevenzione nelle ASL sono retaggio al 75% di medici. Non ho nulla contro i medici, soprattutto per l’igiene del lavoro, ma ritengo che per quanto riguarda problematiche di cantiere o di fabbrica (eccetto gli ambulatori) siano poco titolati. Per il tecnico invece è come essere un po’ vaso di coccio in un camion di vasi di metallo o pietra. 

Pene più severe Presidente? Ma a incidente compiuto, ahimè, perché il personale dei controlli è poco e per di più poco motivato. Un po’ come chiudere la stalla quando il cavallo è ben fuggito. Distanti da come dovrebbe essere ovvero (con un motto nel blog di un collega, molto preparato in antiinfortunistica) “la sicurezza non è un incidente”. 

Pene severe a tutti, datori di lavoro e lavoratori? Ma perché si rischia? Pensando in negativo; lazzaroni o obbligati o inesperti o disinvolti o assuefatti. Secondo me forse un po’ di tutto, ma vedo di sfoltire.

 

Parliamo di incidenti sul lavoro

 

Tutti ricordiamo, penso, il tragico incidente in cui è morta a Prato Luana D’Orazio, risucchiata da un orditoio. Le indagini, al momento secondo il Corriere Fiorentino, si sono concluse accertando la manomissione della macchina e valutando che questa operazione consentiva una produzione in più dello 8% e che, dato anche l’impiego della macchina, il surplus aveva peso irrilevante sul fatturato aziendale. Ma perché e per cosa una povera ragazza di 22 anni, madre di un bimbo, è morta tragicamente? 

Seguendo il corso di un collega, molto più esperto di me in macchine, era emerso che nelle fabbriche è alto il numero delle manomissioni dei dispositivi di sicurezza. Ma perché lavorare meno sicuri, se il datore di lavoro non ci guadagna o guadagna poco, se non è obbligato né il datore del lavoro né il lavoratore? allora si ricade nell’inesperienza e nella disinvoltura e così ci si adatta.

Ad esempio quello che una volta perdeva la mano o un dito sotto la pressa lavorando con un comando a mano unica invece che con due (su una macchina moderna oggi molto difficile). Si rischia, perché vado via meno stressato (quel maledetto dispositivo di sicurezza mi fa diventare matto, l’ho detto ma non mi ha dato retta nessuno; evviva gli analisti tempi e metodi); magari il datore di lavoro chiude un occhio o perché non controlla o perché il lavoratore fa più pezzi o “rompe” meno.

Il lavoratore ci rimette senz’altro di più, ma non è che il datore di lavoro non ci rimetta……..e allora pene severe a chi? al lavoratore che ci rimane menomato o addirittura muore ?, al datore di lavoro che magari chiude la fabbrica e così ci rimettono anche gli altri? Attenzione, non che le pene non ci debbano essere, ma un inasprimento non ha proprio valore aggiunto!

Rimane forse solo la cultura su cui battere, ma non servono corsi noiosi, bisogna, con il coinvolgimento di tutti, abituare sin dall’infanzia ai comportamenti in sicurezza e a volersi “bene”.