Calcestruzzo Armato | CTE-AICAP
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Relazione tra resistenza del calcestruzzo ed epoca di costruzione - edifici scolastici in Provincia di Torino

Questo lavoro si propone di tracciare una relazione che lega la resistenza meccanica del calcestruzzo con l’epoca di costruzione dell’edificio attraverso la raccolta di dati relativi a edifici scolastici in calcestruzzo armato nella provincia di Torino, provenienti da carotaggi effettuati durante le fasi conoscitive degli stessi edifici.

Nell’ambito degli interventi strutturali sugli edifici in calcestruzzo armato esistenti, un’efficace pianificazione progettuale è strettamente legata a una corretta conoscenza del manufatto che avviene, principalmente, attraverso il rilievo della geometria e la caratterizzazione dei materiali.
Talvolta, però, l’acquisizione di questi dati non può essere effettuata per motivi di fattibilità o per sconvenienza economi- ca. Ciò vale in particolare per le analisi di vulnerabilità sismica (per le quali solitamente non si effettuano prove sui materiali esi- stenti), o in fase preliminare di progettazione per valutare la fattibilità tecnico-economica di un intervento di adeguamento/ miglioramento statico o simico. 
Perciò, per quanto riguarda le proprietà dei materiali, è necessario delineare una procedura semplificata che consenta di risalire a questi in base ad alcuni parametri caratteristici dell’edificio. Questo lavoro si propone di tracciare una relazione che lega la resistenza meccanica del calcestruzzo con l’epoca di costruzione dell’edificio attraverso la raccolta di dati relativi a edifici scolastici in calcestruzzo armato nella provincia di Torino, provenienti da carotaggi effettuati durante le fasi conoscitive degli stessi edifici. 
Questi dati sono stati successivamente comparati con le curve di resistenza ricavate statisticamente grazie a un vasto database interno al Politecnico di Torino, che comprende quasi un secolo di prove effettuate su cubetti di calcestruzzo.


In Italia il 64% delle Scuole è stato costruito prima del 1976 

Il patrimonio edilizio italiano è caratterizzato da una notevole vetustà. Secondo l’ultima rilevazione disponibile (ISTAT 2011) il 57% degli edifici residenziali italiani, nel 2011, aveva più di 40 anni. Tale percentuale sale al 68% se si considera la sola Città Metropolitana di Torino. Tale risultato deriva precipuamente da un fattore demografico e da uno culturale. Il primo consiste nel boom economico registrato in Italia nel secondo dopoguerra, che ha determinato un aumento della popolazione legato all’incremento delle nascite e all’innalzamento dell’aspettativa di vita (Balduini 2013, Castronovo 2010); tale aumento, associato alle maggiori disponibilità economiche, ha condotto ad un’enorme domanda di nuovi alloggi, richiesta che è andata scemando in particolare a partire dagli anni 90.

In tali anni si è infatti registrata una progressiva diminuzione delle nascite. Inoltre, nel nostro paese la casa è concepita come un bene eterno: a questa concezione si affianca la cultura “conservatoristica” che tende a mantenere immutato il patrimonio urbano (Fisciano 2007). Tale percezione, che oggi sappiamo essere errata, era legata alla mancanza di conoscenza di molti dei fenomeni di degrado delle strutture (ad esempio la carbonatazione e l’ossidazione delle armature negli edifici in c.a.) che rendono i fabbricati vulnerabili agli agenti aggressivi e alle azioni esterne (Mosoarca & Victor 2019).

Fortunatamente, grazie alla ricerca che ha consentito di consolidare la consapevolezza sull’esistenza di tali fenomeni e sul rischio sismico, la normativa tecnica ha subito un progressivo aggiornamento che ha portato, tra le altre cose, a una continua riclassificazione della zonazione sismica, al perfezionamento delle prescrizioni sulla durabilità delle strutture, a una migliore considerazione delle azioni ecc.

Inoltre, spesso è riscontrabile una scarsa qualità delle strutture dovute a cattive pratiche adottate in cantiere. Ne è un esempio l’aggiunta arbitraria di acqua nell’impasto cementizio per aumentarne la lavorabilità, a discapito però della resistenza e della durabilità degli elementi strutturali. Ne consegue che un’alta percentuale di edifici necessita di verifiche strutturali per valutarne le proprietà dei materiali e la loro capacità di far fronte alle azioni statiche e dinamiche delle attuali norme tecniche. Tale tipo di analisi assume una valenza particolare negli edifici scolastici, i quali dovrebbero essere luoghi sicuri.

Secondo i dati reperibili nel sito internet del MIUR, il 64% delle scuole italiane sono state costruite prima del 1976, mentre il quindicennio tra il 1961 e il 1975 ha conosciuto il maggiore incremento del parco edilizio scolastico, con un aumento del 28%.

A causa dell’effetto combinato della tendenza a conservare l’edificato esistente e della progressiva diminuzione di nuove realizzazioni sia nel settore pubblico che privato, si è manifestata una crescente necessità di recuperare, migliorare e rinnovare il patrimonio edilizio esistente. La scelta se intervenire su un edificio esistente oppure demolirlo per realizzarne uno nuovo è spesso dettata da esigenze economiche.

Tuttavia, in fase di studio di fattibilità tecnico-economica il budget disponibile è solitamente molto limitato, per cui spesso vengono effettuati solo rilievi speditivi che non consentono di ricercare parametri fondamentali per un calcolo affidabile del costo d’intervento. Di conseguenza, il progetto di massima viene condotto inserendo nel modello di calcolo le caratteristiche dei materiali riportate nel progetto originale, se disponibile, oppure ricorrendo alle prestazioni meccaniche medie dei materiali del periodo di costruzione dell’opera.

È stato però ampiamente dimostrato che, in particolare nelle opere in c.a., le caratteristiche dei mate- riali possono essere inferiori a quelle dichiarate proprio a causa delle cattive pratiche adottate in cantiere e ai fenomeni di degrado (Glasser, Marchand & Samson 2008). I costi stimati per l’intervento tendono pertanto a lievitare in sede di progetto definitivo ed esecutivo, quando cioè pervengono i risultati delle indagini più approfondite sulle strutture esistenti.

Lo scopo di questo studio è quello di fornire un’indicazione sulla resistenza a compressione del calcestruzzo in funzione dell’epoca di costruzione dell’edificio basandosi su prove distruttive condotte su un campione di edifici scolastici della Provincia di Torino. In assenza di indagini approfondite sulle caratteristiche meccaniche del calcestruzzo strutturale di un edificio esistente in cui si intende intervenire, tale dato può essere inserito nel codice di calcolo impiegato per modellare la struttura e condurre le analisi statiche e dinamiche.

Sebbene il modello preliminare che si ottiene dovrà poi essere integrato con i risultati provenienti dalle indagini svolte sulla struttura esistente, esso dovrebbe consentire valutazioni tecniche ed economiche più affidabili anche durante le prime fasi di progettazione o nelle analisi di vulnerabilità sismica.

Ciò può risultare particolarmente utile nel caso di analisi di vulnerabilità sismica su larga scala, ove è impossibile condurre analisi dettagliate sugli edifici.

 

La caratterizzazione del calcestruzzo di strutture scolastiche esistenti

La ricerca è stata condotta su un campione di scuole con struttura in calcestruzzo armato gettato in opera della provincia di Torino, sottoposte a interventi strutturali di consolidamento e miglioramento o adeguamento statico e sismico tra il 2014 e il 2020. Come già introdotto nel paragrafo 1.1., le caratteristiche meccaniche del calcestruzzo sono mutate nel corso degli anni a causa dello stato di degrado in cui versa e dell’evoluzione tecnologica che ha comportato un mutamento della composizione delle malte cementizie nel tempo.

Da questa considerazione si potrebbe dedurre che a calcestruzzi più recenti corrispondano resistenze superiori, come infatti ha dimostrato uno studio realizzato sfruttando i risultati di prove a compressione su provini cubici provenienti da cantieri edili, appartenenti ad un vasto database del Politecnico di Torino relativo a certificazioni sui materiali che coprono tutto il XX secolo (Fantilli, et al. 2015).
Lo stesso studio ha comparato tali risultati con quelli provenienti da test a compressione su carote estratte da edifici pubblici costruiti tra gli anni ’50 e gli anni ’80 nelle aree più sismiche della Toscana.

Da tale confronto è emerso che, se da una parte la resistenza media del calcestruzzo proveniente dai ca- rotaggi segue un trend crescente nel tempo, essa risulta inferiore a quella media dei provini testati nel laboratorio del Politecnico di Torino, attestandosi intorno alla curva frattile 25% lungo tutto il periodo di riferimento (Fig. 1).

Tale scostamento dipende, oltre che dalla differente composizione del calcestruzzo delle due regioni e dai fenomeni di degrado che affliggono le strutture esistenti, anche dalla consuetudine di inviare calcestruzzo di qualità migliore nei laboratori, dove, tra l’altro, la maturazione avviene in condizione controllate.

 

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La presente memoria è tratta da Italian Concrete Days - Aprile 2021

organizzati da aicap e CTE

 

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