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Corrosione delle armature: confronto tra protezioni aggiuntive con metodo prestazionale probabilistico

I metodi di pro-ezione aggiuntiva (prevenzione catodica, armature in acciaio inossidabile o zincate, inibitori di corrosione, rivestimenti del calcestruzzo) possono essere utili in ambienti aggressivi, specialmente in presenza di cloruri, o quando è richiesta un’elevata vita di servizio.

In questo lavoro, dopo un breve richiamo ai metodi di protezione aggiuntiva, si utilizza un metodo probabilistico (metodo Monte Carlo) di valutazione della vita di servizio per strutture in calcestruzzo esposte ad ambienti contenenti cloruri. Le armature in acciaio inossidabile e l’applicazione della prevenzione catodica possono garantire una vita di servizio adeguata anche in ambienti aggressivi.


La prevenzione della corrosione deve essere affrontata in fase di progetto e costruzione

La corrosione delle armature nel calcestruzzo è stata a lungo trascurata nella letteratura scientifica e tecnica e il calcestruzzo armato era considerato “eterno”. I primi articoli importanti sulla corrosione delle armature apparvero negli anni ’60 (a opera di Haussmann e Gouda). Soprattutto a partire dagli anni '70, di fronte all'aumentare dei casi di degrado, nonché a cedimenti di strutture importanti, è risultato evidente come il calcestruzzo armato non fosse intrinsecamente durevole e che il problema della corrosione delle armature dovesse essere preso in seria considerazione (CEB 1982, Bertolini et al. 2013). Nella soluzione contenuta nei pori del calcestruzzo, a causa dell’elevata alcalinità (pH>13 in genere), le armature in acciaio al carbonio sono protette dalla corrosione da una pellicola (“film”) di passività.

L’innesco della corrosione può avvenire per due cause: carbonatazione del calcestruzzo che riduce il suo pH e presenza di cloruri in concentrazione superiore a una soglia critica (Bertolini et al. 2013, Pedeferri 2018). In questo articolo non consideriamo i fenomeni di infragilimento da idrogeno delle armature a elevata resistenza o la corrosione da correnti disperse, poco frequente nel calcestruzzo.

La prevenzione della corrosione deve essere affrontata in fase di progetto e costruzione, con un’adeguata composizione del calcestruzzo, un sufficiente spessore di copriferro e una corretta messa in opera e stagionatura del calcestruzzo.

I metodi di protezione aggiuntiva dalla corrosione (prevenzione catodica, armature in acciaio inossidabile o zincate, inibitori di corrosione, rivestimenti o trattamenti superficiali del calcestruzzo) possono essere utili in ambienti aggressivi, specialmente in pre- senza di cloruri, o quando è richiesta una vita di servizio elevata.

In questo lavoro, dopo avere riassunto l’esperienza relativa ai diversi metodi di protezione aggiuntiva per strutture in calcestruzzo armato soggette all’ingresso di cloruri, si utilizza un approccio prestazionale di tipo probabilistico, basato sull’applicazione del metodo Monte Carlo (Cheldi et al 1996).

 

Prevenzione della corrosione delle armature

È importante ribadire che la prima difesa nei confronti della corrosione è rappresentata da uno spessore di copriferro sufficiente e da un calcestruzzo di buona qualità, caratterizzato da una bassa porosità e messo in opera correttamente (Bertolini et al. 2013, Collepardi 2002). Questi concetti sono stati implementati, a partire dagli anni ’90, nella normativa eu- ropea e italiana (EN 206, Eurocodice).

Sono oggi disponibili indicazioni relativamente al rapporto acqua/cemento, allo spessore di copriferro, alla dura- ta minima della stagionatura, che possono aiutare a impostare correttamente la progettazione della dura- bilità di una struttura in calcestruzzo armato. L’approccio di queati documenti è di tipo “prescrittivo”: in funzione dell’aggressività ambientale clas- sificata nella normativa EN 206, in base al tipo di attacco e della sua severità, scegliendo un rapporto acqua/cemento suggerito dalla stessa EN 206, adottando uno spessore minimo di copriferro come da Eurocodice 2, e la durata minima della stagionatura prescritta dalla norma EN 13670, la vita utile di servizio dovrebbe essere pari a un valore “tradizionalmente atteso” (50 anni per un edificio comune). Questo approccio risulta adeguato per la maggior parte dei casi, almeno nel caso di corrosione da carbonatazione.

Vi sono alcune situazioni, caratterizzate da elevata aggressività ambientale, oppure quando la vita di servizio richiesta è più lunga dell’usuale, nelle quali sarebbe necessario l’utilizzo di un approccio “prestazionale”, basato sulla modellazione dell’evoluzione del fenomeno di corrosione delle armature nel tempo e sulla verifica del raggiungimento di condizioni critiche (“stati limite”). Per prevedere l’evoluzione del fenomeno corrosivo può essere utilizzato il modello di Tuutti, introdotto negli anni ’80, che considera due periodi distinti: il periodo di innesco della corrosione e quello di propagazione (Tuutti 1982).

Nel caso di corrosione da cloruri, c’è accordo tra la maggior parte dei ricercatori nel considerare lo stato limite di servizio corrispondente all’innesco della corrosione; questo è dovuto sia al fatto che a corrosione è localizzata, e quindi la propagazione può in breve tempo portare a una riduzione di sezione molto significativa e non accettabile, sia al fatto che questa forma di corrosione è per sua natura un fenomeno stocastico, dipendente da molti parametri ambientali e relativi al materiale (Bertolini et al. 2013).

 

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La presente memoria è tratta da Italian Concrete Days - Aprile 2021

organizzati da aicap e CTE

 

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