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Le soluzioni alla crisi energetica: che possibilità ha l'Italia? L'intervista a Chicco Testa

Crescono di giorno in giorno le preoccupazioni e i timori legati alla crisi energetica che negli ultimi mesi ha travolto l'Italia e che, la guerra tra Russia e Ucraina, ha contribuito ad acuire. 

Nonostante il Governo sia al lavoro per mitigare i problemi derivanti da questa situazione di precarietà, le soluzioni non sono così immediate. 

Tuttavia, una cosa è certa: come ribadito nell'intervista da Chicco Testa, la diversificazione delle fonti di approvigionamento energetico è un obiettivo da raggiungere a prescindere da quello che accadrà alle forniture di gas russo, perché «un Paese che non ha un minimo di sovranità energetica, è un Paese che non ha nemmeno una sovranità politica».

 

Quali soluzioni per far fronte alla crisi energetica?

L’attuale confronto bellico si va ad aggiungere alla crisi energetica già in atto da qualche mese. Come si esce da questa situazione che potrebbe diventare sempre più grave e allarmante? 

«La situazione non rischia di diventare allarmante, è già tragica. A inizio settimana il prezzo del petrolio è salito a 125 dollari al barile, sei volte di più di quello che costava prima della crisi energetica dei mesi scorsi e dell’inizio del conflitto che ha accentuato il tutto.

Per quanto riguarda il gas, invece, il prezzo è aumentato di dieci volte così come per l’elettricità.

Stiamo parlando di un costo dell’energia assolutamente insopportabile per le famiglie e per le imprese italiane.

Tutto questo inoltre, produce un secondo effetto negativo, vale a dire un aumento enorme dell’inflazione, perché ovviamente tutti cercano di riversare i maggiori costi sui prezzi dei prodotti. Oggi, fare il pieno alla macchina con il gasolio costa oltre due euro al litro contro, contro un prezzo di 1,6/1,7 di qualche mese fa.

Immaginiamo le conseguenze sulla filiera del trasporto merci: già oggi i prezzi dei prodotti sono raddoppiati. Il petrolio non è solo un combustibile, ma è anche una materia prima. I prezzi dei fertilizzanti o delle materie plastiche che sono prodotti dal petrolio, registrano aumenti che vanno dal 50 al 100 per cento. Purtroppo siamo difronte a un momento storico che avrà conseguenze enormi sull’assetto produttivo italiano, la speranza è che un clima internazionale migliore possa portare a un drastico abbassamento dei prezzi, ma già per i prossimi giorni si prevedono ulteriori aumenti del costo dell’energia.

Una situazione del genere era inimmaginabile».

 

Crisi energetica, l'intervista a Chicco Testa

 

La Russia chiuderà i rubinetti del gas?

«Nei nostri confronti non credo, non escludo però che l’Italia debba adottare qualche misura di austerità e di riduzione dei consumi energetici».

Quali alternative abbiamo?

«Poche. Innanzitutto bisogna aumentare l’importazione di gas da altri Paesi che non siano la Russia, perché oltre all’aumento dei prezzi, il fattore geopolitico è molto rischioso. Ovviamente non è detto che accrescere l’import da altre Nazioni riduca i costi delle fonti energetiche, ogni Stato deve fare i conti con i propri problemi ed eventuali aiuti si pagheranno a caro prezzo. Tuttavia il mercato internazionale potrebbe metterci un po’ più al sicuro.

Poi bisogna incrementare le estrazioni di gas nel Mediterraneo e soprattutto nell’Adriatico, in più occorre riformare il mercato elettrico».

 

Necessaria una riforma del mercato elettrico

In che senso bisogna rivedere il mercato elettrico?

«Oggi il mercato elettrico funziona secondo il principio del “Marginal Price”, ciò significa che l’energia più cara determina il prezzo per tutti.

Siccome l’energia che costa di più in questo momento è il gas, anche altre fonti che costano molto meno come le rinnovabili, a esempio il vecchio idroelettrico, ma anche il nuovo solare ed eolico, hanno lo stesso prezzo del gas e questo non ha senso perché la differenza di costo è 1 a 10.

Bisognerebbe togliere le rinnovabili dal mercato elettrico e remunerarle il giusto, questo potrebbe consentire un drastico abbassamento della bolletta dell’energia elettrica».

 

Che percentuale di consumi coprono le rinnovabili al momento?

«Con le rinnovabili soddisfiamo il 40% dei consumi elettrici del Paese, che rappresentano il 20% dei consumi totali di energia. Sulla bolletta elettrica potrebbero incidere in maniera significativa, nell’ordine di qualche miliardo di euro in meno».

 

Ha accennato allo sfruttamento dei giacimenti nell’Adriatico. Secondo il Pitesai, il piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, nel sottosuolo italiano si trovano circa 92 miliardi di metri cubi di gas. Non tanto, ma sicuramente potrebbe aiutare. Tuttavia il fronte ambientalista ha sempre paventato la possibilità che le estrazioni possano creare fenomeni di subsidenza. È un rischio concreto?

«Non sono rischi concreti. Le preoccupazioni sono sempre giuste ma bisogna arrivare vivi alle preoccupazioni, di questo passo non ci arriviamo».

 

Tutte le soluzioni che vengono prospettate per trovare alternative energetiche sono a medio e lungo termine, nell’immediato come bisognerebbe muoversi?

«È inevitabile siano soluzioni che richiedono anni. Purtroppo non ci siamo organizzati per tempo, avremmo potuto farlo già in seguito alle due crisi petrolifere degli anni ‘70 che hanno più che decuplicato il prezzo del petrolio e hanno evidenziato la nostra eccessiva dipendenza da tale fonte fossile. Una consapevolezza che, però, non ha portato a grandi cambiamenti, tant’è vero che continuiamo a dipendere non solo dal petrolio ma anche dal gas che sempre di più importiamo dall’estero e dalla Russia in particolare.

Siamo arrivati a una situazione preoccupante perché un Paese che non ha un minimo di sovranità energetica, è un Paese che non ha nemmeno una sovranità politica».

 

Guerra e crisi energetica, occorre incentivare le rinnovabili

 

Centrali a carbone, rigassificatori galleggianti e fonti rinnovabili tra le alternative

Tra le soluzioni che stava proponendo, pensa vi possa essere anche quella di aumentare le forniture di Gas naturale liquefatto (GNL) o puntare in maniera più incisiva sui rigassificatori? O ancora, intensificare la produzione delle centrali a carbone?

«Ritengo che le centrali a carbone debbano andare a tavoletta, in più, al momento l’Italia sta pensando a dei rigassificatori galleggianti da noleggiare e poi, ovviamente, bisogna sviluppare le rinnovabili».

 

Quale tipo di fonte di energia rinnovabile in particolare? 

«Un po’ tutte, partendo da quelle meno costose, che sono il solare e l'eolico.

Ma per farlo occorre sbloccare le autorizzazioni che spesso ostacolano la realizzazione di impianti di produzione di questo tipo».

 

Parlava delle centrali a carbone, in Italia ne abbiamo sette, di queste alcune sono già tornate operative, ma dove reperire la materia prima? Non arriverebbe sempre dalla Russia?

«Ci sono almeno dieci Paesi che forniscono carbone: dall’Australia alla Polonia e sono Nazioni disponibili a venderlo».

 

Non sono misure attuabili dall’oggi al domani ..

«Certo, un po’ di tempo ci vuole. Bisognerebbe che l’Unione europea si desse una mossa».

 

Che fine farà il "Patto Verde" europeo? E i certificati di CO2?

La situazione attuale stravolgerà la linea energetica che ha fino a oggi ha caratterizzato il Governo e in larga scala l’Europa? Pensa che ciò che sta accadendo porterà l’Unione europea a rivedere il famoso piano del Green Deal?

«Il Green Deal non va rivisto, però sono cambiate le priorità.

Negli anni l’Italia ha coltivato l’illusione che, dall’oggi al domani, potesse fare a meno di gas, petrolio e carbone.

Questa crisi ci ha riportato con i piedi per terra, è inutile rinnegare l’importanza dei combustibili fossili che, come sappiamo, per la maggior parte arrivano dall’estero. Fonti che ora si rilevano indispensabili per produrre energia elettrica, per alimentare le nostre macchine o per riscaldare le case».

 

Pensa si dovrebbe abolire il sistema dei certificati di CO2? 

«È una decisione difficile, personalmente li sospenderei per un periodo».

 

L'illusione del nucleare e dell'idrogeno

Impianti nucleari di terza generazione sono ipotizzabili?

«In Italia no, richiedono troppo tempo e l’opinione pubblica continua a essere contraria. Una joint venture con i francesi potrebbe invece essere la soluzione, dato che stanno progettando la costruzione di sei nuove centrali».

 

Lo scorso dicembre è stato siglato un protocollo tra Italia e Algeria che prevede un rafforzamento della collaborazione tra i due Paesi e nuovi investimenti in Africa nel campo delle rinnovabili e dell’idrogeno. L’idrogeno potrebbe essere una soluzione? 

«L’idrogeno va prodotto con altra energia, decisamente non è la soluzione».