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Cemento: 19 milioni di tonnellate, meno 60% in 10 anni, e ora ?

Nel 2016 le consegne interne del cemento non arriveranno a 19 milioni di tonnellate. Siamo lontani, anzi lontanissimi dai 47 milioni del 2006. Questo significa che l’industria delle costruzioni continua a non produrre nuovi edifici e nuove strutture, e quindi la crisi edilizia non è finita.

Nel 2016 le consegne interne del cemento non arriveranno a 19 milioni di tonnellate. Siamo lontani, anzi lontanissimi dai 47 milioni del 2006. Questo significa due cose: che l’industria delle costruzioni continua a non produrre nuovi edifici e nuove strutture, e quindi la crisi edilizia non è finita, e che l’industria del cemento per uscire dalla crisi debba cercare altri sbocchi per i suoi prodotti.

Partiamo dalla crisi.
Al di là dei proclami in questo Paese continuiamo ad avere 21,5 milioni di persone che abitano in aree esposte a rischio sismico molto o abbastanza elevato (classificate, rispettivamente, 1 e 2) con una quota pari quasi a 3 milioni nella sola zona 1 di massima esposizione. (Studio del CNI). Purtroppo, come è noto, il complesso delle abitazioni residenziali italiani si presenta particolarmente vetusto e, per questa ragione, potenzialmente bisognoso per la messa in sicurezza dal rischio sismico.  Nel dettaglio, circa 15 milioni di abitazioni (ossia più del 50% del totale) sono state costruite, infatti, prima del 1974, in completa assenza di una qualsivoglia normativa antisismica. E, inoltre, circa 4 milioni di immobili, sono stati edificati prima del 1920 e altri 2,7 milioni prima del 1945.  Guardando, poi, all’insieme delle abitazioni più vecchie, e rapportandole al numero di abitazioni totali, in alcune regioni come Molise, Piemonte e Liguria, il quadro si presenta particolarmente critico, con circa un quarto delle abitazioni che presenta oltre 100 anni di vita.
In un Paese dove ogni 4 anni abbiamo un terremoto che provoca morti e distruzioni e caratterizzato da un patrimonio immobiliare con le caratteristiche suddette non dovremmo parlare di crisi dell’edilizia. C’è così “tanta roba” da mettere in sicurezza che si dovrebbe costruire più che negli anni del boom. Eppure siamo in crisi, e questo accade perchè continuiamo a perseguire la politica del rattoppo, l’incentivazione del piccolo intervento.

In un articolo pubblicato sulle nostre testate Silvia Viviani, presidente INU, scriveva: "Sostenibilità ambientale, contenimento del consumo di suolo, priorità al progetto di rigenerazione urbana non possono più essere considerati obiettivi generali ma prerequisiti delle azioni pubbliche e private. Il contrasto alle condizioni di rischio sismico, geomorfologico e idrogeologico richiede l'adozione di politiche, piani e progetti fortemente connotati da un approccio adattivo (caso per caso), multiscalare (dalla scala sovracomunale a quella micro locale), multidimensionale (caratterizzati cioè da una elevata capacità di integrazione di saperi, competenze e soggetti).”

E’ quindi necessario che anche la filiera del cemento si faccia parte attiva perchè il Paese passi la sua attenzione dai microinterventi a quelli più importanti, di rigenerazione di interi quartieri. La "fabbrica delle idee" è uno di questi strumenti, ma forse non basta.

Il valore dell’innovazione
Oltre a una azione politica, occorre però dare soluzioni concrete. L’industria del cemento, inglobando in questa definizione l’intera filiera, deve portare nuove proposte al mercato, in grado di superare le problematiche che l’evoluzione sociale e tecnologica hanno portato per le sue soluzioni tradizionali. La difficoltà crescente di reperire carpentieri e ferraioli qualificati, nonché il costo connesso a queste lavorazioni, la richiesta di soluzioni con migliori prestazioni energetiche e minore impatto ambientale, la competizione con materiali che fanno del rapporto peso/prestazione, della durabilità, della facilità di montaggio, dell’adeguatezza architettonica alle richieste dei progettisti i loro punto di forza deve quindi far capire quanto sia importante per la filiera del calcestruzzo proporre soluzioni nuove, e soprattutto nel rendere queste soluzioni appetibili per che progetta e prescrive.
Sto pensando agli SCC altamente fibrorinforzati (minori costi di posa, riduzione problema dei ferraioli e armature, maggiori luci realizzabili, …), ai calcestruzzi autoriparanti (maggiore durabilità, anche a forti aggressioni chimiche), ai sistemi con casseforme a perdere (che consentano di ridurre i costi complessivi e assicurano una migliore performance energetica), alla diffusione di prodotti ad alto uso di materiali di recupero (creando degli appositi centri di raccolta e selezione), ai cementi fotocatalitici in grado di migliorare lo stato dell’aria delle città, ai calcestruzzi drenanti, che offrono maggiore sicurezza e confort per le pavimentazioni urbane e suburbane, … In una recente videointervista realizzata al prof. Liberato Ferrara si toccano proprio questi temi e come negli USA si stia affrontando la competizione con gli altri materiali. (LINK alla VIDEOINTERVISTA)

Di recente è stato in Italia il Presidente dell'ACI - American Concrete Institute -  MICHAEL J. SCHNEIDER, che ci ha evidenziato come sempre negli Stati Uniti la lotta per il mantenimento dei consumi di cemento si basa sulla diffusione delle strade in calcestruzzo (LINK al VIDEO SERVIZIO).

Per fare questo occorre però … farlo sul serio.

Non esiste un settore che si sviluppa solo grazie alla domanda. Gli smartphone sono diventati un prodotto di successo solo quando l’APPLE ha creato ITUNES e un mercato delle APP, non bastato produrre i Fresh&Clean per farli diventare un prodotto di successo. Occorre quindi non solo creare l’innovazione ma stimolarne l’adozione. Dico questo perchè troppe volte mi sono sentito dire “non produco l’SCC perchè non me lo chiede nessuno …),

Il valore del cemento
Su inCONCRETO abbiamo di recente pubblicato un’intervista alla Prof. Andriani collegata al libro CEMENTO FUTURO (CEMENTO FUTURO: Carmen Andriani risponde a cinque domande di Andrea Dari ). Nell’intervisa la Professoressa si evidenzia " il cemento ha ottime prospettive non solo di sopravvivenza ma di nuova vita . Il grattacielo di Gehry ad esempio, torna a privilegiare la struttura in cemento rispetto alle tradizionali strutture in acciaio. Gli ultimi brevetti ( dal TX Millenium utilizzato per la Chiesa Dives in Misericordia di Richard Meier a Roma al foto catalitico biodinamico utilizzato per il Padiglione Italiano a Shanghai) lavorano in linea con quella che è la direttiva ormai vicina del 2020 : rendere gli edifici attivi e non più passivi rispetto al consumo energetico. Questo dato unito al preoccupante cambiamento climatico ed alle condizioni di rischio globale cui il nostro ambiente va soggetto,  pone le ricerche sui nuovi brevetti cementizi su un piano di necessità non più prorogabile . Materia attiva e non più inerte: questa è la sfida di questo millennio. La ricerca tecnologica si intreccia a quella formale , la qualità degli spazi non può essere disgiunta dalla loro adeguatezza a far fronte al cambiamento.”

Dovremmo leggere più spesso queste parole. Sono uno stimolo per l’intera industria del cemento a “riconquistare” quella consapevolezza sulle qualità del proprio prodotto e trovare quindi lo slancio per farlo tornare protagonista del costruire italiano.